martedì 22 ottobre 2013
​Il testo comincia oggi il suo iter al Senato: dal 2015 previsti 20 miliardi di tagli alle detrazioni fiscali se non si interviene sulla spesa pubblica. I sindacati: astensione di 4 ore a livello locale. Il premier: scelta precipitosa.
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"Non è mancato il coraggio, come ci siamo sentiti dire, la cosa è molto più concreta: sono mancati i soldi". Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ai microfoni di Radio anch'iò risponde così alle critiche di imprenditori e sindacati sulla legge di stabilità."È una manovra da 11 miliardi - ha rimarcato Alfano - che prevede tagli per oltre un terzo, che prevede non aumenti fiscali ma diminuzioni fiscali e investimenti". "Mi sento di dire - ha concluso il vicepremier - che come le altre finanziarie degli anni passati a cui ho partecipato sia da maggioranza che da opposizione, questa può essere migliorata e anche molto dal lavoro del Parlamento. Quindi se l'approccio è costruttivo si può migliorare". Sulla legge di stabilità, prosegue Alfano, "ci sono grandi margini in Parlamento per intervenire". Il vicepremier parla di "luci ed ombre" e "dobbiamo illuminare quelli di ombra per migliorarla laddove è migliorabile", sostiene. "Questo - rimarca Alfano - è un approccio costruttivo perché chi dice solo che non va bene nulla vuol dire che alla fine della fiera il tema sia sempre quello di far cadere il governo". "Non abbiamo dimenticato chi è rimasto indietro - conclude -. Abbiamo agito per difendere il potere d'acquisto del ceto medio e per realizzare una manovra che non gravasse di più sulle tasche dei cittadini".
Letta: ci vuole realismo (Roberta D'Angelo)Pronta per iniziare l’iter parlamentare in Senato, dopo che ieri il capo dello Stato Napolitano ha firmato il ddl, la legge di stabilità diventa subito bersaglio dei sindacati, che rispondono al governo con uno sciopero nazionale di 4 ore, con manifestazioni gestite a livello territoriale, nel prossimo mese. Un attacco a freddo per dare peso a una serie di richieste di modifica, ma a cui replica a stretto giro lo stesso presidente del Consiglio, forte dell’esperienza maturata in questi sei mesi «non banalissimi e non semplicissimi», vale a dire che se «si mettono tutti a bordo, non si decide niente e il meccanismo si blocca». Enrico Letta parla dello sciopero come di una risposta che «non mi scandalizza», ma che appare «precipitosa», e si dice disposto al confronto.Il premier, dunque, non si lascia intimidire, anzi. Pronto a valutare oggi con il presidente della Repubblica i contenuti del vertice europeo, a cui parteciperà da giovedì, respinge l’ipotesi di «crisi al buio» che «farebbe ripartire la crisi economica» e ribatte punto per punto alle accuse di Cgil, Cisl e Uil. «Per la prima volta dopo cinque anni di crisi abbiamo tagliato il debito pubblico», dice soddisfatto, al termine di un incontro con il primo ministro Antonis Samaras. Ma, ragiona Letta, «è impossibile tenere sotto controllo debito e deficit senza crescita». E allora, continua il capo dell’esecutivo, «una cosa ho imparato in questa breve esperienza amministrativa, se non vengono sciolti subito tutti i nodi le cose non si fanno. Bisogna stabilire le gerarchie, dire subito chi comanda, meno concerti ci sono più le cose funzionano». Se i sindacati accusano il governo di eccessiva prudenza, per Letta la legge di stabilità non poteva che essere tale: il ddl, «dopo 5 anni fa calare il debito generale e fa scendere il deficit annuale, fa scendere la spesa pubblica primaria, fa scendere tasse su famiglie e imprese e nelle nostre previsioni farà l’1 per cento di crescita nell’anno prossimo. Queste cose non sono la rivoluzione, sono piccole cose. Mi dicono di essere stato prudente, sì lo sono perché dalla crisi si esce passo dopo passo». Un tempo necessario, dunque, in cui Letta intende portare avanti le sue riforme, in parallelo con la legge elettorale, che «almeno una delle Camere» dovrà modificare «entro il 3 dicembre». Un tempo da non sprecare pensando ai rimpasti, dice, ora che – conferma – il «ventennio berlusconiano» è finito.

Quanto alle cifre che girano, Letta contesta l’aumento di soli 14 euro per il taglio del cuneo fiscale sugli stipendi. «È una cifra fasulla, inesistente. Mi colpisce il fatto che operazioni di questo genere vengano credute. L’ha tirata fuori chi ha voluto creare un meccanismo di denigrazione».Ma Cgil, Cisl e Uil non sono affatto convinti della decisione dell’esecutivo. I tre leader Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, che a breve vedranno i presidenti delle Camere, esprimono un giudizio «negativo» sull’impianto messo a punto da Palazzo Chigi, soprattutto per la mancata riduzione del carico fiscale per lavoratori e pensionati, più volte annunciato in questi mesi. Una scelta che, secondo la leader di Cigl Camusso, segna «dopo tanti annunci, mancanza di convinzione da parte del governo nel cambiare passo». Insomma, è l’analisi impietosa della numero uno di Corso Italia, «l’errore di questa legge di stabilità è stato non mettere i lavoratori al centro». In questo modo il Paese «rischia di essere condannato alla stagnazione». I confederali appaiono compatti. «Avevamo fiducia che questa volta ci sarebbe stata una diminuzione della tassazione su lavoratori e pensionati», commenta deluso anche il segretario della Cisl, «ma – per Raffaele Bonanni – ha vinto palesemente il partito della spesa pubblica e ora vogliamo modifiche concrete». E dunque il leader della Uil Luigi Angeletti parla di «uno strumento non utile a raggiungere l’inversione di tendenza individuata dal governo che stimolasse la crescita nel 2014-2015».

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