venerdì 18 settembre 2015
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«L’Europa è nata per abbattere i muri, non per costruirne». E al prossimo Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo, convocato per mercoledì, «ci sarà l’occasione di ribadire che se oggi nella Ue ci sono Paesi che stanno insieme a quelli fondatori come Francia e Italia, è perché qualcuno ha abbattuto dei muri e ha dato loro un’occasione di benessere». Sui palazzi del centro storico di Modena è scesa la sera, quando il premier Matteo Renzi, in piedi a fianco del presidente francese Francois Hollande, ribadisce ai cronisti quanto aveva già espresso in mattinata incontrando a Palazzo Chigi il primo ministro del Granducato di Lussemburgo Xavier Bettel. Gli sguardi, le strette di mano e l’apparente sintonia fra Renzi e Hollande (che chiudono la serata qualche metro più in là, colloquiando amabilmente ai tavoli dell’Osteria Francescana, mentre una folla di curiosi sbircia oltre il cordone di sicurezza) testimoniano la volontà di cercare ancora una volta, sulla vexata quaestio dell’accoglienza ai migranti, il consolidamento dell’asse fra i big dell’Unione, in modo che regga alle pressioni continue degli Stati ancora contrari. L’Europa, è il Renzi-pensiero, «è un orizzonte, non una frontiera, non un confine». Immagini alate a parte, il premier italiano e il capo di Stato transalpino sembrano sintonizzati su un approccio concreto. Paiono più lontane le frizioni dei mesi scorsi a Ventimiglia (quando le autorità francesi sbarrarono il passo ai migranti approdati in Italia e in viaggio verso nord), così come la recente ipotesi di chiusura delle frontiere vagheggiata nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve. Al vertice di mercoledì, ammonisce chiaramente Hollande, i leader europei dovranno assumere «tre decisioni», altrimenti «si decreterà la fine di Schengen». La prima, avverte, deve riguardare la creazione dei cosiddetti «hotspot» (i centri di prima identificazione e controllo sanitario) «nei punti di sbarco in Italia, Grecia e Ungheria, dotando questi Paesi dei mezzi necessari affinché agiscano nel rispetto delle libertà delle persone». La seconda, annuncia Hollande, è trovare un’intesa con la Turchia, ora Paese di transito per chi fugge dalla Siria, «per fare in modo che chi arriva vi possa rimanere, lavorando, in attesa che la situazione siriana possa migliorare». La terza carta giocata dal presidente francese riguarda uno dei punti di frizione dei mesi scorsi: «Nel quadro concordato con Matteo Renzi – ammonisce Hollande – bisogna agire in maniera opportuna perché queste persone non sfuggano ai controlli, anche coi Paesi da dove provengono, per poterli rinviare nel caso in cui non abbiano i requisiti di rifugiati». L’approccio multitasking è caldeggiato da Renzi, che sa bene come il dibattito fra i 28 Stati Ue non riguardi solo le quote di richiedenti asilo (l’asticella fissata dalla Commissione Juncker è ora a quota 120mila, oltre ai 40mila già approdati in Grecia e Italia sui quali l’accordo già esiste): «Hotspot, rimpatri, relocation, integrazione – elenca il presidente del Consiglio –. Tutto sta insieme e l’Italia è pronta a fare la sua parte». La partenza dei centri (in Italia ne sono previsti 6: Lampedusa, Porto Empedocle, Pozzallo, Trapani, Augusta e Taranto) è caldeggiata anche dalla Germania. Tuttavia, argomenta il presidente del Consiglio, «gli hotspot sono solo un pezzo della soluzione, dove l’identificazione di chi entra in Italia viene fatta con criteri e personale europeo. Sono d’accordo – conclude Renzi –, ma allora pure i rimpatri vanno gestiti a livello europeo e anche la distribuzione sul territorio». Il pacchetto, insomma, è completo e non si può volerne una sola parte. Ma le teste da convincere restano ventotto e finora un’intesa complessiva non c’è.
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