mercoledì 31 maggio 2017
Due ricerche americane pubblicate da Nature Biotechnology documentano per la prima volta successi su modelli animali della terapia genica tramite vettori virali per la cura della sordità congenita.
Terapia genica, primi successi contro la sordità
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Due ricerche americane aprono speranze per la cura della sordità di origine genetica. Come riferisce l’Osservatorio Malattie Rare (Omar), «un’innovativa terapia genica è stata messa a punto e sperimentata con successo su alcuni esemplari di topo affetti da sindrome di Usher, ottenendo risultati persino migliori di quelli previsti». I risultati pubblicati da «Nature Biotechnology» si riferiscono a studi del Massachusetts Eye and Ear e dell’Harvard Medical School di Boston sulla mutazione di due geni all’origine della sordità congenita dei bambini. Ricorrendo a un virus innocuo come vettore, si è riusciti a trasferire con estrema precisione un gran numero di geni riparatori delle cellule anomale, copie sane approntate in laboratorio dello specifico gene mutato, causa della sordità. Gli effetti sui modelli animali sono stati sorprendenti. Il passo successivo è il test sulla sicurezza e la tollerabilità del vettore, nome in codice Anc80L65.

L'Osservatorio malattie rare: 300 anomalie

«A oggi – spiega l’Osservatorio malattie rare – sono più di 300 le anomalie genetiche identificate come causa di danni uditivi permanenti, anomalie che impediscono alle cellule sensoriali presenti nell'orecchio interno umano di funzionare correttamente, provocando un deficit o una completa perdita di udito. La più frequente forma di sordità congenita nei bambini è dovuta a mutazioni presenti nei geni GJB2 e GJB6, alterazioni che incidono sia sul normale sviluppo che sull'adeguato funzionamento delle cellule ciliate della coclea, la parte dell'orecchio conosciuta anche come "chiocciola ossea". Si tratta, essenzialmente, di cellule che hanno un ruolo cruciale nel meccanismo di percezione dei suoni, in quanto sono deputate alla trasformazione degli impulsi meccanici generati dalle onde sonore in segnali nervosi interpretabili dal cervello».

Tempi lunghi, ma la strada è giusta

I due percorsi di ricerca americani hanno consentito di verificare l’efficacia del vettore per "consegnare" nel posto giusto i geni in grado di riparare l’anomalia, con effetti che sono andati persino oltre le aspettative: «Grazie all'efficacia del vettore – si legge ancora nella nota dell’Omar – è stato possibile trasferire i "geni riparatori" non solo alle cellule ciliate interne ma anche, per la prima volta, al 90% circa di quelle esterne, su cui è molto più difficile intervenire mediante terapia genica». La ricerca esige comunque tempi lunghi: è lo stesso Osservatorio che, dopo aver schiuso una speranza per chi è privo dell’udito per motivi genetici, ricorda che «occorreranno ancora diversi anni affinché si possa parlare di un'eventuale terapia genica per la sordità genetica nell'uomo». Ma la strada è aperta, ed è ciò che conta.

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