mercoledì 21 novembre 2012
​Tra una settimana  scade il termine per opporsi alla decisione del Consiglio d'Europa che aveva bocciato il divieto di diagnosi preimpianto nella norma sulla fecondazione assistita. Nuovo appello da tre parlamentari Udc. L'assessore lombardo Melazzini: strumento di aiuto alle coppie sterili, non per selezionare gli embrioni.
L'appello di Carlo Casini, Mirabelli e Baldassarre
Difesa della legge 40: attendiamo i fatti di Francesco Ognibene
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In vista dell’avvicinarsi della scadenza di martedì 27, ultima data utile per presentare ricorso nei confronti della sentenza di primo grado della Corte europea dei diritti dell’uomo contro la legge 40, gli udc Luca Volontè, Marco Calgaro e Paola Binetti chiedono al governo di battere un colpo e di annunciare la richiesta alla magistratura del Consiglio d’Europa di portare il dibattimento nella Grande Chambre di Strasburgo. «Osserviamo che tra una settimana scade il termine per la presentazione, da parte del governo, del ricorso avverso alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo contro la legge 40», ricordano i deputati centristi. Secondo i tre parlamentari dell’Udc, «al di là del merito circa il divieto di diagnosi pre-impianto nella fecondazione assistita, va da sé che si tratta innanzi tutto di un atto dovuto, come del resto già affermato dallo stesso ministro Balduzzi». Volontè ed i colleghi sottolineano che «tanto su tale ricorso quanto sulle linee-guida il ministro della Salute è in grave ritardo». Lunedì erano stati il leader del Movimento per la Vita, Carlo Casini, e i presidenti emeriti della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre e Cesare Mirabelli, a sollecitare il ricorso avverso alla condanna del nostro Paese per il divieto di diagnosi pre-impianto. Intanto sulla offensiva lanciata nel nostro stesso Paese da alcuni magistrati contro quella legge che all’articolo 1 assicura «i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito», interviene anche l’assessore alla Sanità della Lombardia, Mario Melazzini. «È inaccettabile avallare l’idea che alcune condizioni di salute rendano indegna la vita e trasformino il malato o la persona con disabilità in un peso sociale», dice Melazzini a proposito della sentenza del Tribunale di Cagliari che ha autorizzato una diagnosi pre-impianto richiesta da una coppia per non avere un figlio talassemico (lei è affetta da tale malattia, mentre lui è portatore sano). L’assessore lombardo, testimone quanto mai autorevole perché medico oncologo e malato di Sla dal 2006, riafferma «con forza l’intento e il valore della legge 40 sulla procreazione assistita come strumento di aiuto a coppie sterili o infertili, e non invece di selezione degli embrioni». La sentenza di Cagliari sollecita una presa di posizione. «Spesso – argomenta – si parla di malattia e di disabilità secondo un concetto sbagliato. Leggendo i giornali, guardando la tv, sul web, ciò che colpisce parlando di persone con disabilità è sottolineare ciò che manca. Si tratta, nella maggior parte dei casi di scarsa conoscenza, in quanto la definizione di persona con disabilità è un concetto che interessa tutti come ribadito dalla Convenzione Onu» sui suoi diritti, che è legge dal 2009. «Chiunque se messo in un contesto ambientale sfavorevole può essere persona con disabilità – osserva Melazzini – e ogni persona, anche solo in un periodo della propria vita, può trovarsi in una tale condizione. La fragilità e il limite sono condizioni della vita di tutti che non devono essere nascoste, ma possono essere viste come delle risorse per iniziare a guardare a quanto di positivo e portatore di speranza già esiste». Pensare che alcune condizioni di salute «rendano indegna la vita è un’offesa per tutti, soprattutto per chi è malato». Melazzini è convinto che un tal modo di pensare aumenti la solitudine dei malati e delle loro famiglie, induce il dubbio di poter essere vittima di un programmato disinteresse da parte della società, «e favorisce decisioni rinunciatarie». Quello che invece va fatto, conclude l’assessore, è «lavorare concretamente sul riconoscimento della dignità dell’esistenza di ogni essere umano, che deve essere il punto di partenza e di riferimento di una società che difende il valore dell’uguaglianza e si impegna affinché la malattia e la disabilità non siano o diventino criteri di discriminazione sociale e di emarginazione».
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