venerdì 13 marzo 2015
Nuovo ricorso alla Corte Costituzionale sulla legge 40: un anno dopo la sentenza sull'eterologa, i giudici dovranno pronunciarsi sull'accesso di coppie fertili ma con malattie genetiche.
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La Corte Costituzionale discuterà il 14 aprile i ricorsi contro la legge 40 in merito all’accesso alle tecniche di procreazione assistita da parte di coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche trasmissibili. Attualmente la legge, all’articolo 4 primo comma, permette di ricorrere alla maternità in provetta «solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione» circoscrivendo il consenso «ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico». Alle ordinanze di tribunali già pronunciate per consentire a singole coppie la diagnosi genetica preimpianto e al ricorso già pendente in materia s’è aggiunta l’impugnazione del Tribunale di Milano durante l’esame del caso di una coppia portatrice di una patologia genetica trasmissibile, l'esostosi, una grave malattia delle ossa che si manifesta nei bambini. Il rinvio degli atti alla Consulta va a sovrapporsi a un precedente ricorso del Tribunale di Roma e alla sentenza con la quale nel 2012 la Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo aveva accolto la richiesta di una coppia di italiani (Costa-Pavan), non infertili ma portatori di una malattia ereditaria, che chiedevano di poter ricorrere alla diagnosi genetica preimpianto e dunque alla fecondazione assistita per poter selezionare, tra quelli concepiti in laboratorio, l’embrione ritenuto più sano. L’argomento che aveva persuaso la Corte in una sentenza molto contestata – e con un ricorso italiano poi neppure esaminato dalla Grande Chambre d’appello – era che non si poteva giustificare il divieto di selezionare embrioni se poi la legge 194 consente la selezione dei soli figli sani tramite aborto. Una tesi evidentemente capziosa, fondata su un’interpretazione impropria della legge sull’aborto, che non consente affatto aborti eugenetici. A chi esulta oggi per il nuovo assalto alla legge 40 – sul quale peraltro sarà la Consulta a doversi esprimere tra un mese – sfugge tuttavia che sulla stessa materia per la quale ora si chiede un pronunciamento i giudici costituzionali si erano già pronunciati nel 2010, con l'ordinanza 97, che ritenne manifestamente inammissibili le questioni sollevate dallo stesso Tribunale di Milano sul ricorso di due coppie che chiedevano la diagnosi preimpianto perché portatori di malattie genetiche. Altro elemento interessante da notare è che dopo anni (sei per la precisione, cioè dalla sentenza 1° aprile 2009 che fece cadere alcuni vincoli della legge 40) nei quali si è ripetuto che la diagnosi preimpianto in Italia è divenuta lecita proprio grazie agli interventi della Consulta ci si deve rivolgere ora alla stessa Corte per chiederle se quel tipo di diagnosi selettiva sugli embrioni si può fare o meno.

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