domenica 23 febbraio 2025
Un prete racconta la comunità nata attorno a un’esperienza online di preghiera con chi soffre. «Mi sento povero come chi è malato, il suo desiderio è il mio. Tutti uniti da un desiderio: vivere»
Il logo dei "quadratini",  «un regalo di Elena, la nostra amica di Perugia, per ognuno di noi»

Il logo dei "quadratini", «un regalo di Elena, la nostra amica di Perugia, per ognuno di noi» - www.quadratiniecarita.org

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In questi giorni parecchi amici mi hanno interpellato per chiedermi un confronto a proposito della legge sul fine vita approvata dalla Regione Toscana. Il motivo della richiesta è legato all’esperienza che sto vivendo da 4 anni con ammalati gravi. È necessaria una piccola cronistoria.

A Natale 2020 (epoca Covid) un’amica, dovendo accudire la mamma allettata e impossibilitata a partecipare alla Messa, lei mi chiese la possibilità di collegarla via Skype qualora avessi celebrato la Messa in casa mia. La prima volta fu un’esperienza bella, quasi si fosse in presenza. Pensammo che potesse essere un’occasione per tanti anziani e tanti ammalati che non si potevano muovere. Nel giro di poche settimane altre persone si collegarono ed ebbe inizio la celebrazione quotidiana che attraverso un semplice passaparola continuava a crescere.

Due anni fa papa Francesco mi ha inviato una lettera in cui scriveva: «Desidero ringraziarti per il tuo apostolato tra fratelli e sorelle particolarmente sofferenti... Continua questo servizio sacerdotale con amore e con zelo». Da quel momento ho pensato che poteva diventare non solo una parentesi della mia attività, ma una “missione a tempo pieno”.
Dopo averne parlato con il mio vescovo ho cominciato a seguire come accompagnatore spirituale l’associazione “Quadratini & carità“ (qui il sito ufficiale con i contatti) che nel frattempo si era costituita. Il nome è nato quando un amico ha detto “noi quadratini”, osservando lo schermo dell’iPad durante la celebrazione eucaristica. Effettivamente sembriamo tanti quadratini collegati tra di loro e visibili sullo schermo. Oggi sono circa 2.500 le persone che partecipano a questa compagnia e abbiamo accompagnato in Cielo già 240 amici.
Personalmente non ho mai avuto molto a che fare con gli ammalati e in particolare con chi vive la drammaticità di una situazione molto pesante (Sla, tumori, leucemie). Mi sono trovato davanti a queste persone e a un grido pianto, arrabbiatura che manifestano drammaticamente la domanda di un significato e del valore della persona: perché il dolore, che senso ha stare in un letto immobile e non poter comunicare, perché devo essere causa di sofferenza per i miei familiari...
Nella nostra compagnia entrano cattolici, atei, delusi, impauriti. Tutti con un grido: che senso ha tutto questo? O, in altri termini: la vita porta con sé una promessa di bene che in certe situazioni è impossibile vivere. La vita (qualcuno dice Dio, il fato, il caso) mi ha fregato, la vita è una fregatura. E questa questione – vita come destino buono o vita come fregatura – non possiamo strapparcela di dosso. Nessuno: né i sani né i malati, chi crede e chi non crede. Certo, la situazione dei malati gravi fa esplodere ancora di più questa domanda. Cosa che tante volte noi “sani” possiamo mettere a tacere o eludere in mille modi. Ma prima o poi riemerge, bussa alla nostra porta.
Davanti al mistero dell’uomo, davanti al suo grido, davanti alle sue domande non ho risposte preconfezionate, non ho un discorso da fare, mi sento povero come chi è malato. Scopro che il suo desiderio è il mio: in situazioni molto diverse, ma è proprio lo stesso. Questa amicizia iniziata con una Messa via Zoom è cresciuta, generando momenti di convivenza, ritrovi nelle case degli ammalati con la presenza dei “quadratini della zona”, vacanze estive in strutture adeguate.

Don Eugenio Nebrini celebra la Messa ripresa in diretta su Zoom e condivisa con centinaia di 'quadratini'

Don Eugenio Nebrini celebra la Messa ripresa in diretta su Zoom e condivisa con centinaia di "quadratini" - www.quadratiniecarita.org


Cosa ho visto? Che il desiderio di vita è impressionante in ciascuno, che il bisogno di vedere qualcuno lieto nella tua stessa situazione fa partire nel cuore di tutti un pensiero: “Ma allora è possibile”. Io non riesco, ho paura, sono arrabbiato ma guardando i vostri volti cresce in me il desiderio che accada la stessa cosa, la stessa pace, la stessa letizia che vedo in tanti tra voi.
Noi non abbiamo pensieri sulla morte e sul fine vita. Abbiamo un unico desiderio: vivere. Spesso mi chiedono se questo è un gruppo che si aiuta a morire. Sorrido. Questa è un’amicizia che esplode di vita, senza censurare niente, senza nascondersi dietro ragionamenti. I nostri amici raggiungono la certezza che sono in rapporto con il Mistero fatto carne, e questo non li lascia mai da soli. E come bambini nelle braccia della mamma vivono tutto e affrontano tutto.
Una scoperta ulteriore che ho fatto: a volte chi fa più fatica non è l’ammalato ma chi lo accudisce. E anche su questo ho visto accadere cose stupefacenti. Ammalati e familiari accompagnati e abbracciati dentro la loro circostanza. Finisco con una lettera che una nostra “quadratina”, ammalata di Sla e andata in cielo qualche mese fa, scrisse a una donna che faceva una fatica terribile a stare davanti al marito anche lui con la Sla: «Francesca carissima, non c’è una formula per la felicità. La vita riserva tante sorprese e non sempre gradite. Ma l’uomo è insaziabile ed è continuamente alla ricerca della felicità, anche in un letto di morte, anche di fronte alla persona amata che soffre. E solo Dio è la risposta. Non sono un’invasata, anzi, non sai quanto mi sento a volte abbandonata, piango disperata. Ma senza di Lui dove andremmo? Abbiamo la grazia di una compagnia grande che ci sostiene, ci fa testimonianza della vittoria di Cristo sulla morte, senza censure né ipocrisie. Mi attacco ai ganci evidenti e tangibili che Dio mi lancia continuamente, e siete voi, la mia famiglia “sgarrupata”, i miei numerosi amici».
Un ultimo pensiero: e chi non crede? Tanti entrano nei quadratini e non credono. Ma tutti hanno il cuore e quella insopprimibile voglia di vivere. Al resto ci penserà il buon Dio. A noi compete prenderci sul serio e farci compagnia in questa avventura stupenda che è la vita. Da sani o da ammalati.
*Sacerdote

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