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foto Reuters
La legge sul fine vita arriverà in aula, al Senato, il prossimo 17 luglio. «Avoglia», conferma in romanesco “acquisito” la presidente della commissione Giustizia del Senato, la leghista Giulia Bongiorno. C’è un’intesa nella maggioranza, anche se manca ancora un testo di riferimento, ma resta la dura opposizione della minoranza, che fa muro su alcuni punti qualificanti, il Comitato etico, il ruolo del Servizio sanitario nazionale e l’obbligatorietà delle cure palliative.
Alla due-giorni del “Festival dell’umano tutto intero” in corso a cura del network “Ditelo sui tetti” al Pio sodalizio dei Piceni, presso la chiesa di San Salvatore in Lauro, arriva anche il messaggio - in tema - di Giorgia Meloni. Il network in un suo documento «si rivolge alle istituzioni per dire, come ha fatto la Corte costituzionale, che il primo dovere dello Stato è difendere la vita di ogni uomo e di ogni donna, senza condizioni». Ed ecco Meloni: «Percorrere, anche in coincidenza con l’evento giubilare, i luoghi e le strade della Speranza - scrive la premier - è un progetto ambizioso, per certi aspetti rivoluzionario, se pensiamo alle parole d’ordine che sempre di più dominano il nostro tempo: crisi, indifferenza, incertezza. Chi parla di vita, famiglia, cura, sussidiarietà, educazione, è avvertito come un corpo estraneo, una via di mezzo tra un sognatore e un illuso. C’è bisogno di uomini e donne che abbiano il coraggio di andare controcorrente», in nome di quella «splendida “eccezione” descritta da san Giovanni Paolo II. La nostra civiltà ha consentito di concepire un mondo nel quale la persona è centrale, la vita è sacra e gli uomini sono liberi e uguali. Noi siamo questo», conclude Meloni. Tornando al comitato ristretto formato da senatrici e senatori delle commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato, la presidente della commissione Giustizia assicura che «si sono registrati progressi», e indica nel Comitato etico il punto più qualificante da cui partire: «Non partiamo dal diritto a morire, partiamo dal fatto che deve essere un comitato e poi a cascata vediamo i poteri del comitato». Ma i «passi avanti» che vede si limitano a una condivisione all’interno della maggioranza, per venire i aiuto ai casi «che sono quelli indicati dalla Corte Costituzionale. Stiamo parlando di un tema su cui chi dice “ho certezze”, “ho il testo ideale”, sbaglia», conclude Bongiorno. Anche il presidente della Commissione Affari Sociali, Franco Zaffini (FdI) assicura che il testo di maggioranza sul fine vita ci sarà e i principi espressi «dovranno essere tradotti in un testo» dai relatori Pierantonio Zanettin (FI) e Ignazio Zullo (FdI) entro la prossima settimana.
«La notizia è che, dopo 6 mesi, ancora non c’è un testo, la maggioranza non è stata e non è ancora in grado di proporre alcun testo», replica Alfredo Bazoli, capogruppo del Pd nella commissione Giustizia, che indica i suoi “paletti”: il principale punto di contrasto è il Comitato etico, che, per Bazoli «dovrebbe essere dislocato sul territorio» e «non centralizzato». Quanto alle cure palliative «non possono diventare un trattamento sanitario obbligatorio e, come dice la sentenza della Corte Costituzionale, ci vuole un ruolo di supervisione e di controllo del Servizio sanitario nazionale». No infine a un Comitato etico «di nomina governativa e non di esperti o medici», dice Ilaria Cucchi di Avs, che parla di «Stato etico e religioso».
Per la maggioranza invece, «la persona può stare in ospedale, in una Rsa pubblica o privata o a casa. Ma l’importante è che non ci sia il coinvolgimento del Ssn», spiega Zaffini: «Il denaro pubblico non paga una prestazione che si materializza in un diritto a morire, perché la Consulta non stabilisce il diritto di morire». Un nodo, questo, di forte polemica con le opposizioni che parlano di privatizzazione anche del fine vita, e di procedure che saranno disponibili solo per chi può permetterselo. Sul tema c’è però la mediazione di Noi moderati che hanno presentato una proposta di legge che sarà abbinata al testo base. «Il ruolo del Servizio sanitario nazionale è uno dei punti più delicati. Pensiamo che il Ssn sia vocato alla vita e alla cura della persona, non alla morte. Sono fiduciosa che anche su questo aspetto si arrivi presto a una sintesi», spiega la capodelegazione al Senato Mariastella Gelmini.