lunedì 13 dicembre 2021
Discussione generale a Montecitorio sul progetto di legge che potrebbe introdurre nel nostro ordinamento forme di suicidio assistito e di eutanasia. Posizioni ancora lontane, l'esame prosegue nel 2022
Un momento della discussione generale alla Camera del progetto di legge sul fine vita

Un momento della discussione generale alla Camera del progetto di legge sul fine vita

COMMENTA E CONDIVIDI

Con gli interventi dei rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari si apre (e si chiude) nella giornata di lunedì 13 dicembre la discussione generale in merito alla nuova legge sul fine vita, che quattro anni appena dopo la precedente sul biotestamento è chiamata a intervenire sul suicidio assistito. Due anni fa la sentenza 242 della Corte costituzionale sul processo Cappato-dj Fabo circoscrisse la non punibilità dell’aiuto al suicidio al ricorrere di alcune circostanze che ricalcavano il dramma di Fabiano Antoniani, portato in Svizzera dall’Associazione radicala Luca Coscioni per darsi la morte in una struttura specializzata. Con l’assoluzione del dirigente radicale Marco Cappato giunse anche la dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del Codice penale (istigazione o aiuto al suicidio) con la previsione che potesse sottrarsi dalla perseguibilità chi aiuta una persona maggiorenne, capace di intendere, affetta da patologia grave e irreversibile, dipendente da supporti vitali (nutrizione assistita), con sofferenze insopportabili. A questi criteri, indicati al Parlamento per un intervento legislativo che prendesse atto dell’intervento sull’articolo 580, la Consulta aggiunse anche la necessità che il paziente fosse sottoposto a cure palliative.
Da allora il Parlamento ha dovuto muoversi avendo presente la sentenza della Corte, all’interno dell’autonomia del potere legislativo, ma con il pressing della campagna radicale per legalizzare l’eutanasia eliminando la parte dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente) che oggi impedisce di dare la morte a chi la chiede. Due partite diverse, ma che nel confronto pubblico finiscono per intercciarsi. Sull’ammissibilità del referendum, per il quale hanno firmato oltre un milione 200mila italiani, si pronuncerà la Corte costituzionale entro il gennaio 2022.

Conclusa il 9 dicembre la discussione nelle Commissioni congiunte Affari sociali e Giustizia, intanto la Camera è giunta al primo atto in aula della proposta di legge «Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia» che reca la firma del deputato pd Alfredo Bazoli e che dopo la discussione generale viene rimandata a data da destinarsi: oltre a un calendario prenatalizio già pieno di scadenze urgenti, le Camere in gennaio dovranno infatti occuparsi dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica. E nessuno avverte la necessità di inserire alla vigilia di un appuntamento tanto importante un tema che resta divisivo come il fine vita. A favore della legge che dovrebbe recepire le indicazioni della Corte sono tutti i partiti di centrosinistra (con qualche riserva individuale, specie nel Pd), contro si schiera tutto il centrodestra (con alcune eccezioni personali, in particolare in Forza Italia). Contrari alla legga – fuori dal Parlamento – gli stessi radicali, che vorrebbero estendere l’accesso alla morte assistita di tutti i malati che ne fanno richiesta, affetti da qualunque patologia, in una forma giuridica apertamente eutanasica.


I due schieramenti hanno trovato alcuni punti d’intesa (obiezione di coscienza del personale sanitario, sanatoria di tutti i casi precedenti l’entrata in vigore della legge, la sofferenza sia fisica che psichica e non l’una o l’altra), ma su altri nodi resta lontano l’accordo necessario a una legge che andrebbe ampiamente condivisa: in particolare, l’accesso effettivo o solo prospettato alle cure palliative e alla terapia del dolore come requisito per ottenere l’aiuto al suicidio, la malattia che comporta accanto a una condizione clinica irreversibile anche una prognosi infausta oppure no, la definizione precisa o generica dei trattamenti di sostegno vitale, il coinvolgimento o meno di uno psichiatra nell’équipe medica chiamata a esprimersi sulla richiesta del paziente (per non estendere la legge ai casi di depressione), la composizione dei comitati etici territoriali cui spetta l’ultima parola, la copertura finanziaria di una legge che comporta spese. Resta poi l’incertezza assoluta sulla procedura medica, il preparato letale, il dosaggio, la sedazione del paziente sottoposto a procedura di morte, la fornitura da parte del Servizio sanitario nazionale di un servizio che provoca attivamente la morte: tutte questioni tecniche (ma dal forte contenuto etico) ma con ogni evidenza indispensabili da definire a partire da un accordo generale. Il cammino della legge è ancora molto lungo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI