giovedì 10 ottobre 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Un bambino con un «fenotipo d’interesse che i futuri genitori desiderano vedere nei loro ipotetici figli». È la promessa di una società americana della Silicon Valley, la «23andMe», che ha recentemente brevettato un test genetico in grado – in teoria – di esaminare il patrimonio genetico di un embrione fecondato in vitro o dello sperma e ovuli di donatori, per selezionare i tratti preferiti da mamma e papà. E, potenzialmente, scartare i gameti o gli embrioni che non corrispondono alle aspettative dei genitori. L’interfaccia brevettata dall’azienda californiana sembra estremamente semplice da usare. Mostra vari menu, come quelli di Word, dove si può selezionare: «Preferisco un bambino con un basso rischio di cancro del colon», oppure «Preferisco un bambino con alte probabilità di avere gli occhi azzurri».
Naturalmente la concessione del brevetto non è passata inosservata, suscitando timori nella comunità scientifica e bioetica. La prospettiva che la tecnologia per progettare un bambino a tavolino sia a portata di mano, e che un’azienda privata sia disposta a sfruttarla, ha creato un nugolo di polemiche. «Sarebbe davvero irresponsabile per 23andMe o per chiunque altro offrire un prodotto basato su questo brevetto – spiega Marcy Darnovsky, direttrice del Centro per la genetica e la società –, crediamo che l’Ufficio brevetti abbia commesso un grave errore registrando questa tecnologia». Anche Dov Fox, docente di legge all’Università di San Diego, ha accusato il governo di essersi sottratto alle sue responsabilità morali. «Quando il governo brevetta un’invenzione – dice – implicitamente la approva come un’invenzione che merita diritti esclusivi».L’azienda ha annusato il rischio di un danno d’immagine ed è corsa ai ripari, assicurando che non ha nessuna intenzione di usare il «Calcolatore dei tratti genetici familiari» – come l’ha chiamato – per la programmazione di un essere umano con un codice genetico superiore. «Abbiamo creato questa società con l’idea di fare qualcosa di rivoluzionario, di offrire ai consumatori centinaia di informazioni e rivoluzionare l’approccio alla salute e alla medicina – ha spiegato la fondatrice di 23andMe, Anne Wojcicki, moglie del fondatore di Google, Sergey Brin –. Quando abbiamo richiesto il brevetto, nel 2008, avevamo considerato le sue applicazioni nelle cliniche della fertilità, ma ora abbiamo deciso di escluderle». Pericolo evitato, dunque? Fino a un certo punto. Alcuni esperti di genetica fanno notare che le esitazioni dell’azienda potrebbero essere frutto non di considerazioni etiche quanto dall’impossibilità scientifica di "fabbricare" un bambino su misura. «Per identificare un legame fra una sequenza di Dna e le caratteristiche fisiche che può esprimere occorrono molti geni – spiega Lori Andrews, studiosa di genetica all’Illinois Institute of Technology –. Gli scienziati non hanno ancora trovato prove certe di quali geni o combinazioni di essi definiscano specifici tratti, come l’intelligenza e la longevità. Quindi 23andMe non dispone di un metodo garantito ma di un modo per aumentare le probabilità che il neonato abbia le caratteristiche ritenute "giuste"».Quello che la società ha già dimostrato di sapere fare, e in modo redditizio, è un’analisi del Dna fai-da-te. Pagando 99 dollari ci si vede recapitare a domicilio un kit per la raccolta di un campione di saliva, la cui analisi apre la porta ai "segreti" del proprio patrimonio genetico, dalle radici etniche della famiglia alla predisposizione a 240 malattie. Questo prodotto può essere personalizzato per futuri genitori, rivelando a una coppia quante probabilità ha di trasmettere geni non desiderabili ai propri figli. Alle cliniche per la fecondazione artificiale, inoltre, 23andMe offre la diagnosi pre-impianto degli embrioni, consentendo ai genitori di scartare quelli portatori di anomalie genetiche. Una pratica comune negli Stati Uniti.Ma persino quanti sono disposti ad accettare l’eliminazione di embrioni sulla base di gravi difetti del Dna temono le implicazioni di tecnologie così sofisticate. Un recente editoriale della prestigiosa rivista americana Genetics and Medicine ha infatti messo in guardia le coppie dall’uso di metodi che permettono di selezionare i tratti genetici dei loro figli, invitandoli a riflettere sui profili etici e sulle conseguenze. Ma il giudizio forse più acuto sulla vicenda viene da Darnovsky del Centro per la genetica e la società, ed è ancora più filosofico, e più amaro: «Se arriviamo a credere di poter selezionare certi tratti dei nostri bambini e a pensare che è il meglio che possiamo fare per far progredire la condizione umana, allora siamo davvero messi molto male».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: