giovedì 25 ottobre 2018
Sulla scelta della Corte costituzionale di far decidere le Camere sul suicidio assistito interviene il presidente della Cei Bassetti: «C’è una legge sul fine vita, non è chiara, la si perfezioni».
L'udienza della Corte costituzionale sull'articolo 580 del Codice penale (aiuto al suicidio)

L'udienza della Corte costituzionale sull'articolo 580 del Codice penale (aiuto al suicidio) - ANSA

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La legge sul fine vita? C’è già, porta il numero 219, è datata 22 dicembre 2017, è in vigore dal 31 gennaio 2018, si intitola «Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento» ed è frutto di una lunga e complessa discussione che ha impegnato il Parlamento per cinque anni nella scorsa legislatura. Dunque, nessun "vuoto normativo". Eppure è ciò che si sente ripetere da più parti a commento della stringata nota con la quale mercoledì sera la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’articolo 580 del Codice penale (aiuto al suicidio), sino a ieri un punto fermo del nostro sistema giuridico e, dal processo Cappato in poi, non più tale. La Corte non l’ha cancellato o interpretato ma ha scelto di chiamare in causa il Parlamento per «un’appropriata disciplina». Ogni azione delle Camere per dare seguito alla decisione della Corte – con tutta la libertà del potere legislativo – dovrà comunque fare i conti con la suddetta legge 291.
Lo nota implicitamente il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, secondo il quale «la legge sul fine vita non è chiara fino in fondo. Che ci vogliano esplicitazioni mi sembra logico. Nessuna legge è perfetta, quello che si può perfezionare si perfezioni». Il centro della riflessione è sul paziente: «Bisogna rispettare il malato – ha aggiunto Bassetti – ma è necessario che anche il medico abbia una gran parte. Quando arrivano alla fine della vita gli ammalati non pensano più quello che avevano pensato dieci anni prima. Si può cambiare idea. Uno ha desiderio di vivere, non di morire, sono eccezionali i casi contrari, e se anche uno nella disperazione fosse preso il compito della Chiesa è accompagnare ed essere buoni samaritani fino in fondo. È anche la solitudine che porta a certe decisioni». Un episodio aiuta a capire ancora meglio: «Mi è capitato non molto tempo fa in un hospice – racconta il presidente dei vescovi italiani – che un malato terminale – sapeva di esserlo, e non so cosa avesse deciso nel testamento biologico – ha detto: "Dottore, mi aiuta a vivere un po' di più, in modo che io possa vedere l'esame del mio nipotino?"».
Parla di «totale e netta contrarietà per il suicidio assistito» il Forum delle Associazioni sociosanitarie cattoliche. «La persona umana, specialmente nel momento di grande sofferenza esistenziale e di gravi condizioni di salute – dichiara il presidente Aldo Bova –, va accompagnata verso il termine della sua vita naturale senza accanimento terapeutico ma con l’aiuto a non avere dolore e con vicinanza affettiva, specialmente familiare». Il suicidio assistito è «un atto inaccettabile che ha i caratteri di mancanza grave di eticità. La persona che si rende disponibile a concretizzare il suicidio assistito commette un atto gravissimo deprecabile e da condannare». Ora «bisogna bloccare la cultura di valutare a piacimento l’opportunità di proseguire la propria esistenza o quella di un’altra persona» perché «la vita va rispettata sempre».
È assai severo anche il giudizio dell’Associazione medici cattolici, che attraverso il suo presidente Filippo Boscia sostiene che «continua inesorabile la campagna assurda e barbara per l’eutanasia. È scandaloso che non si riesca a promuovere una cultura che sia anche umanamente solidale e si ponga in difesa della persona ammalata, oggi più che mai umiliata nella sua fragilità. I malati sono ormai viandanti senza più protezioni». Questa «sentenza grigia» finisce per violare «la razionalità scientifica di una assistenza» che è e resta «nettamente contraria a ogni forma di suicidio assistito». Dal fronte del Family Day, per bocca del leader Massimo Gandolfini, arriva il ringraziamento ai giudici «che hanno deciso di non arrendersi alla narrazione dei diritti a ogni costo». Ora c’è «un anno di tempo per impegnarci, insieme a tutte le forze sociali e politiche, a rendere sempre più consapevoli gli italiani che chi smantella la vita deve essere fermato».
Nel Palazzo, con rare eccezioni, tutti favorevoli a una nuova legge, a cominciare dal ministro della Salute, Giulia Grillo: «Sull’eutanasia legale la Consulta, segnalando un vuoto legislativo, richiama il Parlamento al suo ruolo di interprete della sensibilità e della volontà del popolo italiano. Per questo la triste storia di Dj Fabo deve diventare un’occasione per avviare un dibattito serio su un tema quanto mai delicato, ma su cui la politica deve avere il coraggio di esprimersi». Il collega della Giustizia, Alfonso Bonafede, è più prudente: «Nessuno può sbilanciarsi, abbiamo un contratto di governo che però contempla il fatto che ogni volta che si ponga una novità il governo si confronti al suo interno e poi prenda le sue decisioni. E così faremo, tranquillamente». È la linea del vicepremier Luigi Di Maio, per il quale «è un tema che dovremo affrontare» anche se «non è nel contratto di governo». Silenzio dal ministro della Famiglia Lorenzo Fontana.

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