sabato 21 aprile 2018
Tom Evans, il padre del piccolo: «Incoraggiato dopo l'udienza privata con papa Francesco»
Thomas Evans, il padre del piccolo Alfie (Ansa)

Thomas Evans, il padre del piccolo Alfie (Ansa)

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È in queste circostanze che si capisce la grandezza di un uomo: e Tom è indubbiamente un grande, fa scudo ad Alfie e Kate con una dignità che suona come una lezione al mondo, anche se il mondo non vuole ascoltare. Dialogare con lui, sebbene per poche battute, è un dono: il dono della conoscenza di un’umanità moltiplicata e non piegata dalla prova.

La stessa che ha toccato il cuore del Papa nell’udienza privata di mercoledì a Casa Santa Marta tanto da fargli chiedere a Mariella Enoc, presidente del «suo» Ospedale pediatrico Bambino Gesù, di fare «il possibile e l’impossibile» per portare Alfie a Roma.

Tom è un uomo semplice e limpido, di parole asciutte ma chiare, nelle 36 ore trascorse a Roma si è sentito a casa, accolto da un affetto e una comprensione che a Liverpool aveva solo sognato. «Noi non ci arrendiamo», è la sua promessa mentre attende il responso della Corte Europea di Strasburgo, difficilmente positivo. Ecco cosa dice ai lettori di Avvenire.

Lei e Kate cosa chiedete per vostro figlio?
Il nostro desiderio è onorare la vita di Alfie con quanto più amore e felicità possibile, fino alla fine dei suoi giorni.

Cos’ha provato durante il colloquio con Francesco?
Ero molto emozionato e inquieto, ma mi sono sentito incoraggiato e benedetto per il fatto di poter parlare con lui.

Com’è stato il colloquio al Bambino Gesù con Mariella Enoc?
È stata davvero molto gentile e premurosa, vuole aiutare il maggior numero possibile di bambini come Alfie.

Cosa si attende dai medici?
Desideriamo che si dedichino alla cura di Alfie con il cuore e l’anima e lo portino dove ha bisogno di stare. Siamo convinti che serva una tracheotomia e un sondino per la nutrizione, con esami per cercare di arrivare a una diagnosi e a una possibile terapia.

Com’è il rapporto con i medici dell’Alder Hey di Liverpool?

All’inizio sono stati molto affettuosi ma poi hanno insistito troppo per spegnere le macchine di Alfie, e quando abbiamo detto di no hanno cominciato a comportarsi in modo diverso con noi.

Perché vogliono far morire Alfie prima del tempo?
Perché in Inghilterra i bambini disabili vengono discriminati a causa delle loro necessità e dei costi per le cure.

Che impressione ha avuto nel suo viaggio a Roma?
Vi amiamo tutti, Alfie appartiene all’Italia. Siamo fortunati di avere il vostro appoggio. Forza squadra coraggio! (lo esclama in italiano, ndr).

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