Generare vita: un atto umano, non un “problema”

Alle radici del disagio diffuso verso la procreazione, che sembra diventata altro rispetto a ciò che è, un’esperienza connessa profondamente con ciò che siamo. L’intervento del presidente dei Medici cattolici di Milano
December 2, 2025
Generare vita: un atto umano, non un “problema”
Il dibattito sui temi della salute, dominato dalla sostenibilità economica e organizzazione sanitaria, si occupa di fine e inizio vita solo in chiave problematica e tecno-scientifica lasciando ai margini i processi naturali del morire e del generare.
Nel caso della procreazione, ad esempio, le soluzioni farmacologiche e le tecniche di fecondazione artificiale, dai risultati ancora molto controversi, nascondono una piena conoscenza della fertilità naturale così che il tema della denatalità affiora in modo angosciante, imperniato su un’analisi meramente economica, sociale e meno biologica.
La questione è tuttavia reale ed è impossibile restare indifferenti di fronte al pesante crollo delle nascite, ma per la sua complessità richiede una riflessione culturale di ampio respiro in campo laico e, insieme, la necessità per la Chiesa di ripensare la linea pastorale in difesa della famiglia e della vita aprendosi a un costante dialogo con i cambiamenti epocali della cultura moderna.
Il calo di natalità che stiamo vivendo, le sue conseguenze sul futuro dell’economia, del welfare e delle relazioni sociali, e i vaghi tentativi per invertire la rotta, eludono infatti il significato profondo del generare che va ben oltre la necessità di ripopolare il mondo e il desiderio di un figlio. I termini usati nel linguaggio comune sono infatti lo specchio di questa deriva culturale: “Fare figli, riprodursi, procreare, la questione demografica”... La posta in gioco è invece ben altra: riflettere sul senso del nascere e del generare ci permette di riconoscere in esso un’esperienza buona e felice che interpella la nostra responsabilità e ci apre a un bene comune universale che garantisce la trasmissione del senso dell’umano ai nostri figli.
Anche se la nostra eredità è incerta di fronte alla precarietà del mondo in cui viviamo, non possiamo infatti rinunciare al gesto di trasmettere il patrimonio di umanità alle nuove generazioni. Senza trasmissione non c’è più memoria delle origini, non c’è più proiezione nel futuro, non c’è più cultura, col rischio di cadere nella barbarie. La difficoltà si colloca inoltre in una crescente debolezza della famiglia che si è ritagliata un ruolo prevalentemente affettivo, rinunciando appunto a quello di tramite culturale. Non è dunque solo una questione di contesto e di benessere materiale, ma un progetto di società che intendiamo lasciare nell’apertura ad altri diversi da noi, sapendo che nella generazione si cela il fondamento della continuità dell’umano.
Quali minacce biologiche sono sottese alla denatalità e quali ostacoli materiali la frenano? E soprattutto come ricreare le condizioni per scelte consapevoli aperte alla vita con gioia e responsabilità? Quale riconoscimento sociale e quale clima di fiducia favorire concretamente alle giovani coppie che desiderano un figlio?
Una riflessione positiva sulla fecondità, sull’umano, sulla famiglia, lontani dalla retorica, è quindi un fatto culturale che richiede una più ampia e onesta divulgazione scientifica, ma anche una responsabilità sociale, economica, politica e in ultima analisi un approfondimento antropologico. Appare urgente riaprire un colloquio rigoroso e rispettoso fra medicina, scienze umane e Chiesa per riconciliare il processo di disgregazione che la modernità ha prodotto in quest’ambito. In questa direzione vogliamo leggere l’appello all’umanesimo integrale che papa Leone ha di recente consegnato alla Chiesa italiana, consapevoli che occorre guardare con discernimento su tutto quanto è umano, qui e ora, accanto alla cultura e attraverso di essa, non semplicemente difendendosi da essa.
Alberto Cozzi è presidente dei Medici cattolici - Sezione di Milano “Santa Gianna Beretta Molla”
L’intervento è stato pubblicato su Avvenire il 30 novembre, all’indomani del convegno dei Medici cattolici di Milano sul generare vita oggi con l’intervento dell’arcivescovo Mario Delpini.

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