Io e ventimila bambini nati per una goccia di speranza
Compie 10 anni la Fondazione Il Cuore in una Goccia, che ha permesso di far nascere migliaia di bimbi per i quali in gravidanza la diagnosi di malformazione poteva diventare una sentenza di morte. Invece no, grazie a Giuseppe Noia, direttore dell’Hospice perinatale del Gemelli e ideatore della Fondazione

La Fondazione “Il Cuore in una Goccia” nasce nel 2015 (sabato 29 novembre c'è stata la festa del decennale a Rende) e nello stesso anno viene ufficializzata la nascita dell’Hospice Perinatale – Centro per le Cure palliative prenatali Santa Madre Teresa di Calcutta nel Policlinico Gemelli. Queste due realtà si sono interconnesse in una proposta al mondo medico prenatale e postnatale, per un servizio a famiglie che, dinanzi a quadri patologici fetali gravi o segnati da un alto indice di terminalità, non avevano punti di riferimento nella scelta di accogliere e amare fino alla fine i propri figli, nonostante la consapevolezza e la conoscenza della grave fragilità prenatale diagnosticata.
L’alleanza tra scienza e solidarietà e l’affiancamento delle famiglie si è concretizzato nel fornire supporto spirituale, psicologico e caritativo. Tre braccia (scienza, famiglia e fede) che hanno accolto quasi 900 famiglie, tra consulenze e gravidanze, utilizzando un approccio multidisciplinare e interdisciplinare di professionisti di spessore nazionale che si sono messi in gioco, gratuitamente e volontariamente, per attuare una medicina di speranza e non di morte annunciata. Il tutto si è tradotto nell’istituzione di un Percorso clinico assistenziale (Pca, marzo 2022) e, più recentemente (novembre 2025), nell’ufficializzazione dell’Unità Operativa Dipartimentale (Uosd) Hospice perinatale. L’Hospice perinatale, supportato dalla Fondazione Il Cuore in una Goccia, ha dilatato il linguaggio della personalizzazione e della umanizzazione degli atti medici, rispondendo ai bisogni delle famiglie con fragilità prenatali non solo con risposte mediche e cliniche di alto valore scientifico ma attuando e favorendo una sinergia solidale con altre famiglie (la rete di famiglie), organizzando progetti formativi (7 corsi) e proponendo due grandi linee di ricerche sulla sindrome di Down.

La prima, basata su una nuova ipotesi della genesi delle trisomie: accanto al già conosciuto fattore età avanzata, ha dimostrato la coesistenza di un fattore di autoimmunità associato al rischio di sindrome di Down, con alta significatività statistica. Il lavoro è stato sottoposto a una rivista internazionale. Il secondo è tuttora in progress e si pone su un livello clinico diverso dal precedente. La finalità è cercare di ridurre le conseguenze del danno ossidativo prenatale sullo sviluppo neurocognitivo del bambino Down: se non possiamo curare possiamo prenderci cura. Lo studio, per nostra conoscenza, è il primo al mondo attuato nella specie umana, usando la somministrazione di molecole antiossidanti che, attraversando la placenta, arrivano a contrastare il danno ossidativo durante lo sviluppo neurocerebrale del feto, senza complicazioni nell’assunzione, per la madre e per il feto.
Altri risvolti di novità scientifiche nell’ultimo decennio sono stati gli interventi di tre casi di spina bifida operati in utero dai colleghi Marco De Santis, ginecologo e responsabile della Uosd dell’Hospice perinatale, e Luca Massimi, neurochirurgo infantile, con ottimi risultati clinici nei piccoli pazienti.
Le terapie fetali, per via transamniotica, hanno poi continuato a essere fondanti: nelle rotture precoci delle membrane (anche per quelle tra il 4° e il 5° mese) con l’uso delle infusioni di soluzione fisiologica riscaldata, per ripristinare la quantità di liquido amniotico e favorire la maturazione dei polmoni fetali (amnioinfusione terapeutica). L’ideazione di una particolare nuova modalità di amnioinfusione (auto-amnioinfusione terapeutica) è stata utilizzata con successo: al posto della soluzione fisiologica è stata aspirata l’urina del feto e depositata al di fuori del suo corpo per favorire la normale fisiologia prenatale dei polmoni. Inoltre, considerando la sensibilità al dolore del feto fin dalla 16esima settimana, (Sekulic et All. 2016) abbiamo sviluppato e attuato trattamenti palliativi prenatali sia con finalità antidolorifiche, analgesiche, sia con finalità cliniche: l’aspirazione dei liquidi patologici dal torace e dall’addome ha evitato lo scompenso cardiaco e l’eccessiva distensione della vescica del feto (in caso di ostruzione all’efflusso urinario). Inoltre, si è avuto anche un effetto positivo nell’impedire che il dolore della distensione potesse inficiare lo sviluppo neuro-cerebrale e la funzione urinaria del nascituro.
Infine, una ricerca clinica ha valutato longitudinalmente nel tempo 264 casi di una grave patologia prenatale: l’igroma cistico, malformazione vasculo-linfatica ecograficamente evidente già all’inizio del terzo mese e associato ad alterazioni cromosomiche, cardiopatie e quadri sindromici, quando il liquido patologico è su tutto il corpo. Se però è solo intorno al collo e alla nuca, l’evoluzione positiva avviene nell’87% dei casi, con ovvia scelta di continuare la gravidanza. (Noia G, et al. Fetal cystic hygroma: the importance of natural history, Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol. 2013 Oct;170-2: 407-13) (Noia G, et al. Cystic Hygroma: A Preliminary Genetic Study and a Short Review from the Literature, Lymphat Res Biol. 2019 Feb;17-1:30-39).
In questi dieci anni abbiamo continuato a diffondere una cultura di alternative terapeutiche all’aborto eugenetico con studi scientifici rigorosi, originali e clinicamente efficaci in termini di risultati a distanza. La diffusione della cultura delle terapie fetali e trattamenti palliativi prenatali-postnatali effettuati in Hospice perinatale e supportati dalla Fondazione Il Cuore in una Goccia, ha permesso di sviluppare un pensiero positivo dinanzi alle fragilità prenatali, dando speranza e risultati concreti a centinaia di famiglie.
Concludo con l’augurio fatto da santa Madre Teresa a tutti i medici dell’Hospice: «Madre le dissi –, abbiamo aiutato a far nascere da ragazze madri più di 2.000 bambini negli ultimi 5 anni» (eravamo nel 1986). «Voi – rispose – ne dovete far nascere più di 10.000». Lei mi guardò, percepì il mio stupore evidente sul viso, e aggiunse: «Credi sia impossibile? Nulla è impossibile a Dio». I bambini nati da ragazze madri e quelli nati e curati prenatalmente e postnatalmente per patologie di vario tipo, hanno superato il numero di 20.000. La santa fu profetica. Sempre avanti, sempre avanti con una scienza che è servizio per dare speranza.
Giuseppe Noia è direttore dell’Hospice perinatale del Policlinico Gemelli di Roma e presidente della Fondazione Il Cuore in una Goccia onlus
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