venerdì 5 agosto 2022
Il mercato delle esperienze ludiche digitali cresce, ma non sempre gli adulti sono consapevoli dei rischi. Ecco come funziona il sistema di valutazione PEGI
Videogiochi, sfida per i piccoli. Ma non solo
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Nel panorama dello spettacolo, dell’intrattenimento – e anche, perché no, dell’arte e della cultura – un fenomeno sempre più rilevante è quello dei videogiochi. Ormai da anni i principali titoli per Pc e consolle (Playstation, Xbox, Nintendo) costano e incassano molto più dei kolossal di Hollywood. L’industria videoludica ha creato migliaia di posti di lavoro, anche in Italia, genera fenomeni, mode, competizioni. Si tratta però di un fenomeno trasversale, che non va ridotto a semplice trastullo per giovani e giovanissimi. Le statistiche ci dicono che sono milioni gli adulti, soprattutto maschi e tra i 20 e i 50 anni, che giocano.

E proprio come non tutti i programmi televisivi e non tutti i film sono adatti ai bambini, così non tutti i videogiochi vanno bene per tutti. Per guidare consumatori e famiglie, da quasi vent’anni esiste un sistema di “etichettatura” europeo. Si chiama PEGI, ed è il Pan European Game Information – sistema paneuropeo di informazione sui giochi, «sostenuto con entusiasmo dalle istituzioni dell’Unione Europea».

Sono due le macro tipologie delle etichette del sistema PEGI: le prime riguardano l’età minima consigliata per accedere al videogioco, le seconde invece anticipano i temi potenzialmente sensibili che vengono trattati. Non viene presa in considerazione invece il livello di sfida che il gioco rappresenta per l’abilità di chi lo affronta.

Le etichette relative all’età partono da PEGI 3 (segno che sotto i tre anni sarebbe meglio avere a che fare con giochi “analogici” fatti di plastica o di pezza), si passa per PEGI 7, 12 e 16 fino ad arrivare a PEGI 18, con i titoli vietati ai minori. Per definire l’età minima si prendono in considerazione non solo i temi trattati, ma anche la gradualità con cui si presentano rumori improvvisi, il tipo di linguaggio o rappresentazioni di violenza.

Utili alla scelta anche le altre etichette “tematiche”, la cui portata va sempre commisurata all’età PEGI corrispondente. Ad esempio, l’etichetta “violenza”, rappresentata dal disegno di un pugno, per un gioco PEGI 7 può contemplare una zuffa tra pupazzi, mentre per un gioco PEGI 18 anche sparatorie e omicidi. L’icona con un fumetto segnala la presenza di parolacce, mentre quella con il ragno scene di paura. Altre etichette mettono in guardia dalla menzione di gioco d’azzardo, tematiche sessuali e droghe. Particolare l’etichetta “discriminazione”, per giochi che contengono raffigurazioni di stereotipi di carattere etnico o di altra natura. Non si tratta di giochi che fomentano l’odio – altrimenti sarebbero banditi – ma che presentano temi delicati, come molti titoli ambientati nel contesto della Seconda guerra mondiale.

Fondamentale fare attenzione alle ultime due etichette: la prima, “Gioco online” ricorda l’eventualità di incrociare persone vere durante il gioco, con tutte le ovvie attenzioni del caso. La seconda, “Acquisti del gioco”, bollino introdotto nel 2018, segnala la possibilità di fare ulteriori acquisti – chiamati “micro transazioni” – per scaricare livelli, costumi o modalità di gioco. Molti giochi, infatti, in teoria gratuiti, incassano in realtà milioni grazie a queste transazioni. E molti giochi nascondono i premi più ambiti dietro a delle vere e proprie lotterie virtuali per oggetti virtuali, alle quali però partecipare con soldi veri, magari con la carta di credito dei genitori. Da più parti si è alzata una levata di scudi contro ciò che viene considerato incitamento al gioco d’azzardo.

Anche se sul web non mancano videoblog di bambini, anche piccoli, che giocano a titoli a loro tecnicamente vietati, famiglie ed educatori dovrebbero prendere sul serio le raccomandazioni del sistema PEGI. Quei limiti d’età che vengono applicati per film e programmi TV anche grazie ai sistemi delle smart Tv e delle piattaforme on demand, a maggior ragione andrebbero rispettati nei videogiochi, prodotti mediali “ad alta immersione”. Come sempre non si tratta di vietare, ma di porre dei paletti “ragionati”.

Per capire quali videogiochi sono adatti a bambini e ragazzi Weca sul proprio sito mette a disposizione un tutorial.

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