mercoledì 27 aprile 2022
Giornali, radio e televisione possono integrare il lavoro dei media digitali, perché hanno gli strumenti e il tempo per verificare ciò che passa sui social
Un soldato tra le rovine provocate dagli attacchi in Ucraina

Un soldato tra le rovine provocate dagli attacchi in Ucraina - Foto Siciliani

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L’unica certezza su quanto sta avvenendo in Ucraina è che la guerra, come scrive papa Francesco nell’introduzione al saggio «Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace» (Solferino - Libreria Editrice Vaticana), “è pura follia”.

Non c’è invece certezza alcuna nel campo della comunicazione dove molto spesso della verità si è fatto e si continua a fare scempio continuo. E questo riguarda sia i media tradizionali che i nuovi media: in ambedue i campi la comunicazione è essenzialmente essa stessa strumento di propaganda e di guerra. Lo è sempre stata si dirà, ma con la ricchezza attuale proposta dai nuovi media questo rischio si moltiplica all’infinito.

Internet, e tutte le opportunità che essa offre, accresce ovviamente le possibilità di controllo sull’operato di chi detiene il potere, sulle azioni degli attori in guerra, riesce a veicolare in tempo reale informazioni dagli spazi più distanti e più remoti. Offre possibilità finora sconosciute di organizzazione, se vogliamo anche militare, ma su tutto questo manca ogni forma di controllo della veridicità di quello che si comunica. Manca ogni possibilità di controllo sui motivi che ispirano chi comunica.

La guerra espande enormemente l’aureola di dubbi e contraddizioni che circonda i nuovi media: strumenti fantastici di informazione ed empowerment, ma anche occasioni di odio e menzogna. L’abbiamo sperimentato nei pochi anni trascorsi dal suo apparire, lo stiamo sperimentando ancora di più con il conflitto ucraino.

Il fatto è che i mezzi tradizionali, giornali, radio e televisione possono validamente integrare il lavoro dei nuovi media in quanto, non così pressati dalla velocità e dall’immediatezza, possono fornire un minimo di verifica a quello che i social media trasmettono a ritmo continuo. Questa “ibridizzazione” tra vecchi e nuovi media mi sembra essenziale anche e soprattutto in un momento così drammatico come quello attuale. Se questa ibridizzazione manca, il rischio è quello di una “marmellata” di notizie ed immagini a cui manca però il momento della verifica. I social media sono uno strumento formidabile, ma necessitano, direi, di quei momenti di pacatezza e riflessione che i media tradizionali possono offrire.

* professore ordinario di Sociologia della comunicazione, Università di Perugia
(da Lazio Sette, inserto di Avvenire, del 24 aprile 2022)

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