domenica 18 settembre 2011
È difficilmente definibile l'indifferenza che i giornali sedicenti "laici" dimostrano verso i macrofenomeni conseguenti al riconoscimento dei cosiddetti "diritti civili". Per esempio, gli aborti: soltanto quelli legali hanno largamente superato i cinque milioni; quelli clandestini sono quasi certamente 700mila; impossibile una stima di quelli precocissimi e inavvertiti provocati dalle pillole del giorno dopo nonché di alcune "normali" pratiche contraccettive, che. tutti insieme, potrebbero essere altre centinaia di migliaia o milioni. Davanti a questi scenari di morte, nemmeno tra gli abortisti meno accesi, che parlano di "sconfitte" della donna e tra chi tollera ciò che, in antilingua, essi chiamano "diritti civili" e "interruzione volontaria della gravidanza", si trovano quattro "indignados" – per dirla alla moda spagnola – capaci di gridare basta con questa strage. La medesima sconsolante constatazione vale per alcuni numeri della fecondazione artificiale umana (in antilingua PMA). Panorama della scorsa settimana dedica la copertina alle «follie della provetta», ma nelle otto pagine che le raccontano non si legge una sola vibrazione di indignación: «Mi compro un figlio in provetta che somiglia a un attore di Hollywood», «Noi invece abbiamo preteso donatori da Premio Nobel». Sciocco e antiquato chi nei figli cerca ancora una somiglianza ai genitori, ai nonni o alla zia? Su Repubblica un'intera pagina spiegava (mercoledì 7) come si può «vivere con 150 fratelli: così dalla provetta nasce la maxi famiglia». Ormai, grazie a internet, negli Stati Uniti si vanno formando gruppi on line di famiglia ciascuna con 50 e più figli (pagati a caro prezzo) provenienti dal medesimo "donatore". E pensare che, se per caso la Corte Costituzionale annullasse dopodomani, come le è stato chiesto, l'articolo 4 della Legge 40 che vieta l'inseminazione eterologa, tutto questo potrebbe accadere anche da noi: per i figli le medesime tecniche e gli stessi numeri della zootecnia.

Autodiscriminazione
Si terrà a Bergamo, questa settimana e con il patrocinio del Ministero del turismo, l'"Expo del turismo gay" all'insegna del logo "No frills" (come dire: niente fronzoli, ma sarebbe la prima volta) e con la spiegazione (Corriere della sera, giovedì 15) che «gli omosessuali molto viaggiano, molto spendono, molto amano divertirsi» e costituiscono «una clientela interessante e di buona disponibilità economica: il 7% del nostro mercato». E noi che li credevamo degli oppressi: vogliono i medesimi diritti – dicono – degli eterosessuali, ma si fanno i "gay village", i loro locali, i loro pride, pretendono i loro matrimoni e adesso la loro fiera e il loro turismo. Dal gay village al gay ghetto?

Sindacato e Vangelo
«Pietre date al posto del pane. C'è molto di sindacale nel Vangelo». Queste due deduzioni sono state tratte, dopo la chiusura, su l'Unità (lunedì 12) dal Congresso Eucaristico di Ancona, peraltro in un contesto di apprezzamento. Il riferimento era ai "padroni" e alle parole di Gesù in Matteo (7, 7-11) citate dal Papa. Nessun riferimento all'Eucaristia, ma positivo il giudizio dato all'incontro di Benedetto XVI con gli operai. Sarebbe stato meglio e più pertinente, però, se l'Unità avesse individuato molto di Vangelo nel sindacato.
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