venerdì 1 marzo 2013
Alla vigilia dell'ennesima “partita della vita” Napoli s'è distratta. Direte: per le elezioni. Macché. L'unico riferimento elettorale - rievocato come se fosse un sogno, un tesoro d'antan - è apparso in morte di Hasse Jeppson, il mitico pedatore svedese ch'era stato acquistato sessant'anni fa da Achille Lauro al modico prezzo di centocinquanta milioni, la prima cifra folle del calciomercato, evocata ogni volta che il ragazzone cadeva a terra: «È caduto 'o Banch'é Napule», gridava il popolo. E Lauro era il re del voto di scambio: secondo leggenda, se un napoletano dava il voto al “suo” partito monarchico, lui ricambiava con un paio di scarpe, solo una delle quali consegnata - fatti non parole - prima del voto. Napoli s'è distratta, non per De Magistris e altri presunti Masaniello, ma per Diego Armando Maradona, comparso alla sua gente come in miracolosa visione, sui teleschermi e in via Caracciolo, sempre a bonfonchiar di inique tasse non pagate - lui che può - e di amore non ricambiato: quello suo per il Napoli. Ci ha messo dentro, Diego, anche la speranziella di poter un giorno guidare il Napoli, a Mazzarri sparito, e un pronostico sibillino per Napoli-Juve: non ricordo bene se «la Juve non è più forte del Napoli», oppure «il Napoli non è più debole della Juve». Di sicuro, s'era appena visto che il Napoli non è più forte dell'Udinese e, dunque, alla partitissima di stasera gli azzurri chiederanno il miracolo che gli è stato negato al Friuli (anche sotto forma di rigore). Sfrondato di ricci e di capricci, cosa resta del Napoli anti-Juve? Se Mazzarri manderà in campo una squadra/orchestra dotata di uno spartito mandato a memoria - non un jazz ensemble dato all'improvvisazione e quindi destinato a sfumare minuto per minuto - la partita sarà bella e Cavani potrà sperare di riprendere a produrre gol e eroici furori. Se invece - come di recente - la partita azzurra dovesse esser somma di privati puntigli o colpi d'orgoglio, allora non basterebbero neppure i Tre Tenori (Hamsik c'è già, come il Matador, Insigne è in arrivo) per far vittoria. La Juve a questo punto s'appresta a camminare sul fuoco come una salamandra, a sfoderare tutta la sua potenza ben gestita e modellata da Antonio Conte, tutta la sua intensità che la primavera va restituendole e, infine, tutta la tranquillità di chi se ne sta avanti di sei punti e non ha - parola mia - niente da perdere. Ecco la differenza cruciale del match: se il Napoli perde, ciao scudetto; se perde la Juve, «ci rifaremo», voce di Andrea Agnelli & C. Ho invece il sospetto che per il Napoli sia davvero l'ultima occasione dopodiché ciao Mazzarri, ciao Cavani, addio sogni di gloria e doloroso ridimensionamento dell'unico motivo d'orgoglio di una città ferita: la sua squadra di calcio. Oso pensare e dire - non da scaltra Sibilla ma sapendo di espormi a tremende punizioni verbali sul web grillesco e impietoso - che il Napoli vincerà.
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