sabato 23 maggio 2015
Il sole batte caldo sugli ombrelloni del bar di una lunga via della città. Trovo rifugio a quell'ombra e siedo a un tavolo in attesa di un'amica che so già mi farà aspettare. Ho con me il volume edito da Rubbettino alcuni anni fa, dal titolo Vibo Valentia. Mi è stato regalato in occasione di una mia visita in questa città dall'aspetto sognante, quasi troppo silenzioso nelle sue strade che sembrano dimenticate dall'amore dei suoi abitanti e dall'amministrazione locale. In alto le rovine di un castello raccontano la storia travagliata di questo centro chiamato nel periodo greco Hipponion, nel tempo romano Valentia, sotto la dominazione normanna Monteleone e ora Vibo Valentia. Un territorio felice per le sue bellezze naturali e ricco di potenzialità economiche che la sua storia travagliata non le ha permesso di sviluppare. Dal punto di vista archeologico la città e i dintorni sono da leggersi come un palinsesto di strati che si sono formati dall'età greco romana alla città medioevale e infine a quella moderna. La vegetazione lussureggiante ha nascosto e deformato gli antichi reperti lasciando pochi esempi sia dell'arte antica come del periodo normanno. Le vicende storiche più tarde seppero opporre alla pace cittadina tempi di lotte tra famiglie locali e di avventure di feudatari venuti da lontano con danni di vite umane e distruzioni di beni. È la storia di tutto il nostro Paese passato sotto gli eserciti e la potenza dei popoli venuti da lontano. E in Calabria dove studiosi, archeologi, cultori d'arte seppero risvegliare interessi nella classe alta, il popolo rimasto per lunghissimo tempo senza studio, doveva attendere, per rialzarsi, il nostro tempo, quando il turismo avrebbe scoperto l'attrattiva delle bellezze naturali colorate dalle sagre di folclore locale. Il volume chiude questa analisi affermando che la società manda ancora oggi segnali contraddittori che generano ora pessimismo, ora speranza. È questa atmosfera, quasi una cappa di nebbia che ci fa pensare all'opera distruttiva della mafia locale che non lascia futuro alle nuove generazioni. Enrica Murmura ricordando il padre nel suo impegno politico, sociale e culturale mette in rilievo soprattutto il senso cristiano che aveva illuminato la sua vita. Il Convegno che inaugura l'associazione che vuole arrivare a dare vita ad una fondazione che illumini la figura e l'opera di Antonio Murmura ha riunito un grande numero di presenze dove ognuno ha augurato a questa iniziativa un meritevole successo. La bellissima casa che mi ha ospitato è ricca di ricordi, di libri, di un'atmosfera densa di umanità consumata dallo scomparso proprietario per il bene della gente del suo paese al quale aveva dedicato il suo lavoro e il suo tempo.
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