martedì 23 settembre 2014
Vent'anni dopo il ricordo di Nicholas Green e l'esempio dei suoi genitori restano un faro che illumina la rotta di molti. La Calabria è ricca di scuole, parchi, altri piccoli e grandi luoghi che portano il nome del bambino statunitense ferito a morte il 1° ottobre da un colpo di pistola alla testa durante un tentativo di rapina sull'A3. Era in auto con mamma, papà e una sorellina, diretti verso lo Stretto per ammirare dal vivo il luogo mitico in cui Ulisse sfidò Scilla e Cariddi. Aveva sette anni ed era emozionato sul sedile posteriore quando quel proiettile non gli lasciò scampo. Un dolore senza fondo, cui i genitori reagirono con un gesto d'amore e speranza che colpì tutti al cuore, ancor più di quell'ogiva conficcata nel cranio di Nicholas. Reginald e Maggie Green, tenendosi per mano, quando i medici dell'ospedale di Messina verificarono la morte del loro piccolo, decisero di donarne gli organi. Un passo che diede una scossa a una pratica allora assai poco diffusa. Da quel tragico autunno, i Green, nel frattempo insigniti della medaglia d'oro al merito civile, tornano spesso in Italia, e in Calabria, per iniziative in ricordo di Nicholas e in onore del loro coraggio. Ieri il papà ha partecipato al convegno "Donare è rinascere" organizzato a Reggio Calabria. In apertura l'arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Giuseppe Fiorini Morosini, ha benedetto la scultura "Gli uccelli" dedicata a Nicholas Green nel palazzo del consiglio regionale.
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