mercoledì 15 dicembre 2021
È un evento non solo editoriale la pubblicazione del primo volume dell'Antologia della poesia giapponese, a cura di Edoardo Gerlini (Marsilio, pagine 480, euro 20). Il volume abbraccia il periodo VII-XII secolo, “Dai canti antichi allo splendore della poesia di corte”. Ne seguiranno altri due: il secondo riguarderà il periodo medievale e protomoderno (1185-1868); il terzo raccoglierà testi dal 1868 a oggi. È d'obbligo citare una celebre frase del funzionario di corte e poeta Ki no Tsurayuki (inizio IX secolo): «La poesia giapponese ha come seme il cuore dell'uomo, che si tramuta, ecco, in innumerevoli foglie di parole». È la porta di accesso a un mondo che scandaglia sentimenti e sensazioni, lirismi nostalgici e prove di valore. Edoardo Gerlini, nell'Introduzione al primo volume, mette in guardia dal rischio che si corre utilizzando in maniera disinvolta un termine apparentemente neutro e inequivocabile come “poesia giapponese”. Già, perché «per almeno i nove decimi della sua storia la poesia prodotta in Giappone risulta scritta almeno in due lingue: il giapponese e il cinese». E questo particolare bilinguismo continuò in maniera quasi costante per più di un millennio fino agli inizi del XX secolo. L'antologia ricalca il bilinguismo nel testo a fronte della traduzione italiana, per lo stupore e l'ammirazione dell'ignaro lettore. Un'altra dicotomia riguarda la contrapposizione tra scrittura maschile (otokode, per mano di uomo) e femminile (onnade, per mano di donna): «Per un uomo era abbastanza frequente interpretare il ruolo e i sentimenti di un io poetico femminile, usanza peraltro già attestata dal III secolo in Cina», come in questa poesia di Kakinomoto No Hitomaro, uno dei Trentasei immortali della poesia (VII secolo): «Le notti in cui mi illudi / di una tua venuta poi mancata, / sono divenute così numerose / che il pensiero di non aspettarti più / supera ormai l'attesa». Analogamente, per le donne era possibile esprimersi poeticamente al maschile, soprattutto nelle poesie su commissione. Selezionare le poesie giapponesi non è facile per gli antologisti moderni, data l'abbondanza numerica dei testi. Il Grande compendio della poesia nazionale (1901) raccoglie, infatti, più di 450 mila poesie. Nel corso dei secoli, però, sono state elaborate parecchie antologie che forniscono una buona base per costruire una sorta di canone di quell'antica e ricchissima letteratura. È difficile resistere al fascino di composizioni come questa, datata 891: «Viene da sé e da sé se ne va, due volte mai non s'arresta. / Nel buio, così vanamente ci affidiamo allo scorrere del tempo. / Perché mai stamane improvviso mi prende un gran turbamento? / Di certo è questo che m'affligge il cuore: il primo giorno d'autunno!».
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