sabato 15 giugno 2013
Mi scuso in anticipo: Lupus difficile… Ieri ("Unità", p. 20) Giuseppe Cantarano presenta "Cristianesimo dal cielo vuoto" del filosofo Umberto Galimberti, scrivendo che nelle sue oltre 400 pagine «definisce la sua visione del Cristianesimo che ha desacralizzato il sacro». Beh! Tutto dipende da cosa si intende per sacro: discorsi antichi di tanta teologia sia cattolica che evangelica. Da una ventina d'anni, però, Galimberti li centellina a modo suo ai suoi lettori unicamente con una simpatia che non colma alcuna richiesta, e offre sempre il vuoto di acrobazie intellettualistiche. In realtà il vero problema del libro è tutto nelle tre pagine (9-11) dell'introduzione di Galimberti. Per lui «il Cielo del Cristianesimo» è vuoto perché ha perso la dimensione complessa del sacro riducendo tutto il bene in Dio e tutto il male nel mondo. Poi perché «a differenza di tutte le altre religioni… ha fatto discendere Dio in terra», ma ha tradito «il comando dell'amore nelle relazioni tra gli uomini» e si è ridotto ad agenzia etica su sessualità, politica e affari. Il Cielo è vuoto, e in terra il Cristianesimo è scalzato via dalla scienza che svela i misteri della realtà sostituendo i miti della fede, e dalla tecnica che domina le forze ostili della natura sostituendo i riti della fede. Non per nulla Galimberti è discepolo di Emanuele Severino. Spiace ridurre tutto in queste brevi righe, ma se si prende sul serio la fede cristiana non si trovano né "miti", né "riti", intesi come li intende Galimberti, e vi è tutt'altro che una mera "agenzia etica". Due sole "parole": nel senso vero di Gv. 1, 18: «Dio non lo ha visto mai nessuno, il Figlio Unico ce lo ha rivelato», e IGv. 4, 12: «Dio non lo ha visto mai nessuno, se ci amiamo tra noi Egli è presente in noi»! Il "cielo" immaginato da Galimberti sarà anche vuoto, ma non è il "cielo" del Vangelo e delle Chiese cristiane…
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