venerdì 27 settembre 2013
Ieri sull'equivoco illustre di Adriano Prosperi ("Repubblica", 15/9) che scoprirebbe solo ora la salvezza cristiana aperta a chi «segue la retta coscienza». Oggi su uno ancora più illustre. Emanuele Severino ("Corsera", 25/9, p. 35: «Se Cesare non è dalla parte di Dio») scrive: «da quasi 50 anni vado mostrando» che la parola di Cristo – "Restituite a Cesare… e restituite a Dio" – «lungi dal sancire la "distinzione tra la sfera religiosa e la sfera politica", nega tale distinzione. Non ho mai ricevuto una risposta adeguata». Che dire? In questi tempi di "risposte" grandissime, Severino qui dovrà accontentarsi di una piccola che parte da una domanda: quanti decenni sono, professore, che lei non legge seriamente quel brano evangelico (Mt 21, Mc 12 e Lc 20)? Gesù risponde dopo aver chiesto di vedere la moneta del tributo e aver affermato che l'«immagine» su di essa è quella «di Cesare»: quindi Cesare ne è padrone legittimo. «L'immagine»… Già. Un ebreo – e Gesù ebreo parlava ad ebrei – sentendo la parola immagine ricorda che l'uomo, maschio e femmina (Gen. 1, 26: "çelem-demut") è «a immagine somigliantissima» di Dio creatore. Ecco perché la sua risposta non confonde nulla, chiarisce tutto e non nega «la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica»: Cesare è signore delle cose su cui c'è la sua immagine, ma nessun altro, salvo Dio, è padrone degli uomini, maschi e femmine, «immagine somigliantissima» del Creatore. Se Cesare pretende di signoreggiare le coscienze, o se in nome di Dio qualcuno, chiunque sia – anche uomo di qualsiasi Chiesa – pretende di signoreggiare le cose, si contraddice la parola di Cristo e – sia detto guardando la storia – anche la lezione di tanti eventi degli ultimi due secoli e mezzo… No, professor Severino – uso una espressione di Joseph Ratzinger a Odifreddi – in questo caso «la sua esposizione non è degna del suo rango», filosofico.
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