giovedì 10 maggio 2018
Se è vero che il corso stesso del mondo, come voleva Eraclìto, è come un fanciullo che gioca, e anzi, se solo il gioco dell'artista e dell'innocente, secondo un famoso detto del Nietzsche, imita l'eterno gioco del cosmo, ci rendiamo facilmente conto del fatto che la perfezione ideale dell'etica umana non è altro che una riproduzione di quel mistero dell'eterna Sapienza che gioca al cospetto di Dio e canta il canto dell'ordine e dell'armonia: «Ed ero felice ogni singolo giorno, / giocando al Suo cospetto in ogni tempo, / giocando sulla terra, / e la mia gioia era esser coi figli degli uomini». Quest'idea dell'uomo manifesta chiaramente che la sua dignità è posta nell'otium piuttosto che nel negotium alienante. Anche presso gli altri popoli tutti i più sapienti hanno professato lo stesso, e ciascuno di loro, dal suo punto di vista, ha espresso la cosa in maniera da manifestarsi come una fioritura molteplice nascente da una comune radice: così, ovunque gli uomini hanno avvertito che il cosmo è un infinito e divino movimento libero, come un getto d'una fontana e che non ha motivo d'esser fuori di sé stesso, come la lila divina del pensiero induista; e che l'uomo, se vuol raggiungere la sua vera felicità, se vuol bene beateque vivere, viver bene e in maniera beata, deve imitare questo gioco svincolato da ogni finalità egoistica, di comodo o d'interesse particolare per tendere all'universale e all'assoluto, così come già ammoniva il Croce nel 1923: «È necessario che […] si diffonda o si radichi, più che finora non sia accaduto, il sentimento che il miglior pregio della vita, la maggiore soddisfazione che in essa possa provarsi, è data non dalle fortune materiali, non dagli arricchimenti, non dai gradi conseguiti, non dagli onori, ma dal produrre qualcosa di obiettivo e di universale, dal promuovere un nuovo e più alto costume, una nuova e più alta disposizione negli animi e nelle volontà, dal modificare in meglio la società in mezzo a cui si vive, godendo di quest'opera come un artista della sua pittura o della sua scultura, e un poeta della sua poesia […]. In questa creazione del bene comune, si apre il più bel campo dell'uomo». Di quell'uomo descritto dallo Schiller, che afferma che l'uomo gioca quando è veramente uomo, e ch'è veramente uomo quando giocaCosa che sembra aver prima di lui detto Plinio il giovane, quando scrisse: «Rido, scherzo, gioco: sono un uomo».
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