giovedì 23 ottobre 2008
Già citato altrove qui, oggi, e con onore, Massimo Gramellini, garbato come sempre, che ieri sulla "Stampa" rileva quanta ignoranza ci sia da noi sui fondamentali dati della religione, e poi con acutezza osserva che «forse la Chiesa, così attenta alle questioni etiche, farebbe meglio a occuparsi della ragione sociale della ditta, che oggi troppo spesso galleggia dentro omelie più noiose di un film iraniano con sottotitoli in siamese». D'accordo, e a Malpelo fa piacere osservare che anche don Milani con il rude affetto di sempre chiamava spesso la sua Chiesa «la Ditta», e che nella «ragione sociale» questa ha anche certe «questioni etiche». Quanto alle omelie, però, con amicizia ricordo a Gramellini che ciascuno se le sceglie, e può cascarci una sola volta. A proposito, stessa "Stampa", la p. 46 è tutta sul trasferimento di un prete: "La moschea si schiera a difesa del parroco", e "Un prete sempre a difesa degli ultimi". La gente protesta: è amato da tutti, anche da molti musulmani, ma è stato trasferito in un'altra parrocchia. E lui? Interrogato risponde: «"Il vescovo mi ha chiesto se volevo andare alla Loggia (la nuova parrocchia, Ndr). Ho detto di sì. Per una questione di umiltà e di amore. E anche l'obbedienza è una forma di amore»! I regolamenti diocesani stabiliscono la durata degli incarichi pastorali. I preti li conoscono e la risposta suddetta, degna di don Milani, vale mille buone omelie. Gramellini ne sarà contento. Ma in redazione tornerà il senso del limite nei confronti di problemi di interesse comune, certo, ma di competenza finale altrui? A ciascuno la sua "Ditta".
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