sabato 5 ottobre 2013
Eccessi da piccoli "pulpiti". Sul "Giornale" (1/10, p. 28: "Polemica") Massimiliano Parente (autore di libri come "Parente di nessuno" (2006) e altri titoli proprio singolari, ammonisce: «Atei e credenti: se manca la scienza parlarsi è inutile»! Severo e tranchant, scrive che lo «fa sorridere questo dialogo tra credenti e non credenti in un salottino epistemologico… con scambio di banali domande». Sorride, anzi ride proprio, lui, delle "banalità" di Francesco e Scalfari, aggiungendovi anche quelle di Benedetto e Odifreddi e «visto l'andazzo di chissà quanti altri». E allora? Allora fuori Scalfari e Odifreddi! Per il Parente Francesco e Benedetto debbono rivolgersi ad altri. A chi? Espliciti suggerimenti, quasi ordini: a «Stephen Hawking, Richard Dawkins» e – sulla parola va preso sul serio – «Antonio Damasio e Michel Gazzaniga, o Daniel Dennet, o Marco Cattaneo»! Modesto… Forse anche al Parente, che in fin dei conti sarebbe dispostissimo… Ma sia chiaro: solo così non sarebbe «un dibattito finto e facile facile»! Tu leggi, e che fai? Niente, ma fino qui sorridi anche tu. Sorridi meno però, sempre in tema di "dialogo" a leggere altri che ti paiono eccessi, pur diversi e rispettabili: per esempio su "Repubblica" Hans Küng (2/10, pp. 1 e 54) il quale pare sostenere che solo ora, e mai fino ad oggi, c'è finalmente un «esempio per il dialogo tra credenti e non credenti», o sempre lì Mattew Fox (p. 43) per il quale ciò che conta è che «papa Francesco, come molti gesuiti, conserva la smania di apprendere». Tutto qui? A te invece pare che davvero, «come molti gesuiti», papa Francesco conservi e dimostri di continuo anche la smania di aver qualcosa – anzi Qualcuno – da proporre e da annunciare. La "parentela" sbagliata, talora, è nell'eccesso di semplificazioni.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI