martedì 23 febbraio 2016
Visto quel che passava il convento – giusto le imprese della Fiorentina e del Frosinone – prima di arrivare all'Olimpico per Roma-Palermo è stato tutto un sondaggio: siete con Totti o Spalletti? E se ne son sentite e lette di tutti i colori, con sostanziale mortificazione del giallo e del rosso. Nella mia trasmissione (la “Giostra dei Gol” di RaiItalia, destinata al Mondo) lo stop è arrivato con un tweet dalla California - «Vediamo cosa fanno stasera i giocatori della Roma» - insinuante un ammutinamento dei compagni del Totti punito contro lo Spalletti impunito (con solidarietà societaria). Io sono democratico e accetto il verdetto del campo: cinque a zero! Con gol del redivivo Dzeko e un gioiello del ritrovato Salah. Poteva anche finire li', la bagarre parolibera domenicale, ma come? Ti ritrovi grazie al Tg1 la notizia del giorno, del mese, dell'anno, ovvero il Totti che si ribella, e la vuoi chiudere con un banale 5-0? Rinviamo il più logorante dibattito del secolo solo perché la Roma ha spezzato le reni al Palermo? Suvvia, diciamo le cose come stanno: ha vinto Totti o Spalletti? Io sto ai fatti. Nel giro notturno delle tivù il dialettico Spalletti, rincuorato da una bella manita, ha rivelato di aver chiesto a Totti: «Cosa vuoi fare da grande? Il Nedved o il Giggs, il dirigente o il calciatore?». Se ho ben capito, Totti ha risposto: «Voglio fare il Totti», ovvero il Re di Roma. Sicuramente, dopo il test di sabato non può fare il dirigente; sicuramente, con il ritmo che Spalletti ha imposto a questa Roma dopo gli ozi di Trigoria firmati Garcia. Non può fare neppure il giocatore. Ma un contratto divino nessuno può negarglielo. Sperando che non si debba rivivere una domenica di sondaggi che fanno tanto male al calcio. Si è astenuto, per fortuna, il popolo nerazzurro, evitando di rispondere sabato sera al quesito: «Mourinho o Mancini?», mentre stava partendo l'ultimo quesito referendario:«Berlusconi o Mihajlovic?», anche se il serbo, furbescamente, si è già chiamato fuori. Sono cambiati i tempi e c'è il rischio che la materia, prima o poi, finisca nel Parlamento più interrogativo di sempre. Ah, il calcio di una volta. Nell'inverno del '65, un divo di allora, anzi divissimo, Omar Sivori, mandò a quel paese (a ragione) il tecnico della Juve Heriberto Herrera, detto “HH2”, come una formula di fisica. La società sgridò il pupillo dell'Avvocato che si rifugiò aggrondato in una località misteriosa. Venni a sapere che Omar s'era nascosto nella villa di Liedholm, a Sanremo: lo scovai, lo intervistai, fu più duro che mai con “HH2” e la Juve lo licenziò in tronco, cedendolo al Napoli. Si faceva così, anche con gli dei del pallone.
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