giovedì 22 aprile 2010
Siccome son fatto così, ho tentato di dire a Mourinho - in diretta tivù - «Mi scusi, su Balotelli aveva ragione lei». Ma incombeva il quattro-uno-quattro-uno, anzi il quattro-tre-due-uno, e mi son dovuto accontentare di dirlo ai telespettatori. Amareggiato, naturalmente. Perchè il gesto di Balotelli - quello di sfilarsi la maglia e buttarla a terra - è un'autentica blasfemia sportiva.
La maglia - direbbe l'antropologo Desmond Morris, autore della preziosissima ricerca «La tribù del calcio» - è uno degli elementi fondamentali del rituale calcistico, la divisa del soldato, la bandiera del fedele innamorato. C'è, indiscutibilmente, nella partita, quel tanto di religiosità paganeggiante (i pedatori intesi come dei) che giustifica un cerimoniale sempre identico, accurato, ridondante: inni, canti, striscioni, sfilata, sicchè la preparazione del confronto somiglia spesso alla vestizione del torero e vien vissuta dagli spettatori come un tutt'uno con il match; e così la sua coda, quel dopopartita che riserva silenzio e lacrime nella sconfitta, rumoreggiante esaltazione nella vittoria.
Balotelli ha macchiato non solo il finale esaltante del match, ha avvelenato la cerimonia di ostensione al pubblico delle maglie vittoriose, ha portato fin nello spogliatoio il suo disamore amareggiando i compagni che volevano solo far festa. È una colpa sportiva, questa, ma anche un aperto annuncio di distacco dalla maglia, quindi dai colori (sacri anch'essi - insegna Morris), dunque dalla squadra e dalla società. Per questo, il mio primo commento a caldo è stato «Balotelli si è dimesso dall'Inter». Che poi Mourinho l'abbia prontamente reintegrato per il match di campionato con l'Atalanta, non vuol dir nulla: don Josè è un drittone e nel momento del trionfo è voluto esser magnanimo con Balotelli e prendersela solo con i critici che l'hanno difeso, me compreso.
Il giovane Mario - e difenderò comunque sempre la sua giovinezza ch'è sicuramente all'origine del suo stato confusionale - s'è perso tanti difensori, a questo punto, e sarà difficile recuperarli: pochi - ad esempio - diranno ancora che meriterebbe una maglia azzurra per il Sudafrica; io invece gliela darei, comunque, perchè ho la non vaga sensazione che quel simbolo di italianità gli piacerebbe e segnerebbe un momento cruciale della sua vita di giovane uomo. Altre maglie, non so: di questo passo, credo che il Supermario inizierà un lungo viaggio nel mercenariato, come peraltro suggerisce il procuratore che s'è dato. In fondo, visto come indossò sorridendo la maglia del Milan per i cacciatori di «Striscia», e conosciuto il suo provino giovanile proprio con la maglia del Barça, vuol dire che amori eterni non ne sta coltivando.
Da mercenario a mercenario - lo dico sorridendo, sempre - m'è piaciuto l'intervento solare di Ibrahimovic quando ha criticato l'aggressione dei nerazzurri al Balotelli Traviato, in particolare il tentativo di Materazzi di "giustiziare" il reprobo sul posto a suon di sergozzoni. Un'amara ragione in più per ribadire le ovvie "dimissioni" di Balotelli.
Prima si diceva di un conflitto con il tecnico, oggi si sa di un conflitto con la squadra, il pubblico, lo stadio, la città, lìintero mondo nerazzurro. Se se ne andrà, contenti tutti. Tranne Moratti. Al quale auguro che la Coppa dalle grandi orecchie consoli la fuga di un figlioccio.
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