mercoledì 7 marzo 2012
E se dico che il libro è divertente (ed è un libro di poesie) non è per voltarla in ridere, ma è un complimento, un bel complimento. Bene, brava, bis alla giovane studiosa Eloisa Guarracino, che ha pubblicato Animalidiversi (capito il doppio senso?), antologia di poesie contemporanee sugli animali (Nomos Edizioni, Busto Arsizio, pp. 304, euro 19). L'idea, balzana come le idee geniali, nasce da un fondo manoscritti incominciato nel 2009, nel quale sono confluiti autografi di poeti italiani e stranieri che hanno inviato una loro poesia sugli animali, autografi che sono stati anche messi in mostra nello Spazio Oberdan di Milano nell'ottobre scorso. L'antologia raccoglie oltre 250 poesie, e riproduce alcuni autografi spesso immaginifici come il triangolo tracciato sul foglio da Vivian Lamarque per contenere appropriatamente la poesia «Noi tre»: «Ama il balcone il mio gatto / il balcone ama anche me / estivo triangolo / noi tre». Per non parlare della grafia puntuta di Curzia Ferrari che trascrive quella sua «Lucertola» che ha dato il titolo al suo più recente volume poetico. E ci si perde, poi, negli arabeschi di Fuad Rifka e negli enigmatici Alef, Bet dell'israeliana Michal Govrin. Nella breve introduzione Eloisa Guarracino cita san Pier Damiani che esortava a osservare gli animali dalle cui «indoli naturali di bestie anche noi possiamo trarre, per il nostro agire, esempi non trascurabili», ma felicemente non va oltre, perché l'interesse del volume, nella collana diretta da Marisa Ferrario Denna, è tutto letterario e calligrafico. Sfogliando l'antologia, in ordine alfabetico, troviamo Annelise Alleva alle prese con una tartaruga, come, più avanti, capiterà a Maurizio Cucchi; Pier Luigi Bacchini se la vede con un tacchino («condoruccio di terra»); Tahar Ben Jelloun osserva un asino che attraversa l'ombra mentre «un uomo sgozza un galletto»; Alberto Bertoni è sempre appassionato di cavalli; Donatella Bisutti fissa un gatto che la sta fissando; Yves Bonnefoy ascolta le raganelle della sera; un Guido Ceronetti del 1962 «resta con le ali immoto» mentre la colomba «vola via»; Rosita Copioli fa conoscenza con un'atletica capretta; gli animali di Milo De Angelis hanno «piedi bianchi e cieli»; Gilberto Finzi intitola «Grigio-ala di piccione»; il drago di Tomaso Kemeny «diventa invisibile»; Valerio Magrelli etimologizza sullo «sciame sismico»; Renato Minore dedica a Mario Luzi «La danza dei delfini»; Roberto Mussapi canta «Il passero di Lesbia»; Giampiero Neri diffida della civetta; Giulia Niccolai (alla quale Eloisa Guarracino ha consacrato la sua tesi di laurea) ha scacciato il pensiero di inghiottire viva una raganella «come un tuorlo d'uovo»; Giancarlo Pontiggia francesizza su «Âne, âme» (Asino, anima); Antonio Riccardi se la cava con i gamberi; Davide Rondoni apprezza la complicità tra un gatto e un piccione; e Edoardo Sanguineti (1960): «puah, disse il Topolino al Surmolotto»; Maria Luisa Spaziani ulula per consolare un cane ululante; Andrea Zanzotto contempla «locuste o anche roditori / o ricci e grilli in lavorìo». C'è anche la cara Wislawa Szymborska, Premio Nobel 1996, che ci ha lasciato da poche settimane, ispirata dal celeberrimo quadro di Vermeer. Non ci sono animali, nel testo, ma c'è la poesia. Eccola, nella traduzione di Pietro Marchesani: «Finché quella donna del Rijksmuseum / nel silenzio dipinto e in raccoglimento / giorno dopo giorno versa / il latte dalla brocca alla scodella, / il Mondo non merita / la fine del mondo».
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