martedì 5 luglio 2016
«A San Lorenzo della Torricella, dono delli benefattori di Roma». La scritta si trova sul piede di un bel reliquiario della Croce alto cinquantatré centimetri. Al supporto di legno è applicata una lamina di argento sbalzato, con simboli della Passione. Due piccoli angeli impugnano ciascuno una lancia. La reliquia sigillata in un cristallo è al centro di una finestra circondata da volute fogliari. Il"pW1Zone" (il timbro della bottega artigiana) rivela che l'opera è stata realizzata da Giovanni Giardini, attivo a Roma tra il 1690 e il 1710. Ma chi sono gli ignoti benefattori che si sono ricordati di una piccola comunità cristiana dell'Appennino ligure? Spariti durante la seconda guerra mondiale molti documenti dell'archivio parrocchiale, non resta che consultare il "libro dei conti" di una parrocchia vicina, per ricavarne fondate analogie.È il 1703 e il parroco di Comuneglia, Domenico Pigati, scrive: «I nostri parrocchiani abitanti a Ferrara donano un messale rilegato in cuoio e a coste in oro». L'anno dopo i parrocchiani residenti a Genova inviano «intagli di legno dorato», quelli di Vercelli una pianeta in raso, quelli di Venezia un «baldacchinetto di broccato cremisi con guarnizioni di oro fino», quelli di Roma «un'urna grande di legno con sei cristalli contenenti reliquie». Quei «parrocchiani», non è azzardato affermarlo, costituiscono colonie di lavoratori provenienti dalla Liguria montana, i quali, appena realizzato qualche guadagno, esercitano verso la comunità di origine un mecenatismo generoso e di buon livello artistico. Giusto allora pensare che il '"reliquiario della Croce" di Torricella provenga da un gruppo carpentieri che hanno fatto fortuna nella città di Roma ancora in espansione urbanistica.Ma c'è una prova ulteriore di questa emigrazione operaia e artigiana, all'interno di una Italia ancora divisa. È il 1820 e l'arredo della chiesa di San Francesco in Castelletto (Genova) è in liquidazione. Questa volta è il parroco Angelo Garibotti che guida gli uomini di Comuneglia. Sono desiderosi di abbellire di marmi pregiati la chiesa parrocchiale e il piazzale antistante. Vengono acquistati per quasi 700 Lire dell'epoca: un portale, alcuni angeli adoranti e una Madonna con Bambino che - si dice - sia opera rara del grande Luca Cambiaso (Moneglia 1527 - Madrid 1585). Ma come si riuscirà a collocare la pesante statua della Vergine (12 quintali) sulla nicchia della facciata? Si fanno garanti dell'operazione i parrocchiani che lavorano abitualmente ai cantieri di Venezia.Avventuroso il trasporto da Genova, prima via mare, poi frazionato su strada: portale e angeli salgono per una via diretta, ma dal fondo troppo fragile, la Madonna - pesantissima - deve fare il lungo giro della strada Aurelia, superando il passo del Bracco. I carrettieri di Chiavari eseguono quel faticoso trasporto per 300 lire. Il popolo partecipa con denaro, ansie e lacrime di commozione allo straordinario evento. Per oltre 150 anni la Madonna di Luca Cambiaso ha troneggiato sulla facciata della parrocchiale di Comuneglia, fino al recente restauro che l'ha sottratta alle intemperie. Quelle fin qui raccontate sono le testimonianze di una emigrazione interna "professionale" e ordinata, promotrice di scambi sociali e culturali. Il 18 maggio 1796, un giovanissimo Giovanni Battista De Paoli ottiene un passaporto dal «Console della Serenissima Repubblica di Genova in Venezia» per andare al suo villaggio in Liguria; le Autorità degli Stati attraversati sono invitate a dargli «ogniaiuto e favore». Forse è anche per merito suo che la Befana, nella frazione di Comuneglìa, si chiama - come a Venezia - "Maràntega".
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