Stiamo attenti a chi ruba l'attenzione
venerdì 4 febbraio 2022
La divisione del lavoro intellettuale e la specializzazione disciplinare hanno fatto enormemente progredire le singole scienze. Ma se lo specialismo diventa etica specializzata, che per rispetto dei confini disciplinari è indifferente a una visione culturale d'insieme, allora c'è da preoccuparsi. Perché ogni nuova conoscenza scientifica ha le sue conseguenze pratiche, ogni scoperta produce applicazioni tecniche, che in vista di profitti economici provoca mutamenti sociali e psicologici. Lo scienziato indifferente agli effetti di cui la scienza è causa, dopo essere stato utile, può diventare pericoloso. Delle responsabilità della scienza si discusse molto dopo il 1945, quando si constatò che le avanguardie della fisica moderna avevano reso possibile la produzione degli armamenti atomici. Oggi la microbiologia, utile in campo medico, preannuncia anche mostruose manipolazioni della biologia animale e umana. Qualche piccolo esempio di indifferenza specialistica alle conseguenze sociali della ricerca si notano anche in scienze umane come la linguistica e la psicologia. I linguisti di solito timidamente tacciono sull'attuale deterioramento qualitativo, gergalistico della nostra lingua; e gli psicologi restano spesso fatalisticamente in silenzio sui danni emotivi e mentali dell'abuso dei media informatici. Sul numero di Internazionale del 18 gennaio è uscito un lungo articolo di Johann Hari tratto dal Guardian e intitolato "Qualcuno sta rubando la nostra attenzione". Vi si legge che «stiamo attraversando una grave crisi della capacità di attenzione, con enormi conseguenze per il modo in cui viviamo» o direi, più precisamente, del nostro modo di essere. Chi tocca la mente, la psiche e il loro funzionamento tocca l'identità, la cosiddetta ontologia degli esseri umani: da cui hanno origine azioni e comportamenti, sensibilità, esperienze e pensiero. Una studiosa francese è arrivata a dire che «al giorno d'oggi è impossibile avere un cervello normale». Altri ricercatori hanno detto che stiamo vivendo «una tempesta di degrado cognitivo» provocata dall'uso compulsivo di smartphone e tablet, una vera e propria assuefazione tossica. La capacità di attenzione su un unico oggetto sta diminuendo fino alla durata di tre minuti o perfino sessanta secondi. Se è vero che l'attenzione "realizza la realtà", il rischio, già presente, è che per noi non ci sarà più niente di reale che duri più di qualche minuto.
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