giovedì 26 luglio 2012
Ancora su momenti di…"vergogna" professionale in pagina. A "Repubblica" tutto tace: la doppia secca smentita sul tema del falso scoop forse ha stordito qualcuno. Allora lì e altrove, tanto per non perdere l'occasione di dare contro ai soliti "cattolici" si torna a furoreggiare in tema di "coppie di fatto" e "matrimoni gay", questi però chiamati anche pudicamente "unioni gay". Lo fa ieri Augias, stessa "Repubblica" (p. 26) senza distinguere… Si fa finta di non percepire la differenza? O proprio non la si percepisce? Vallo a sapere, ma questa c'è ed è sostanza. Lo prova il grande scalpore dovuto al fatto che l'altro ieri ambienti diocesani di Milano hanno evocato «il rischio di poligamia». Sbalordimenti multipli! Su un grande giornale dopo la citazione c'era subito un «Boom!»: d'indignazione. È vecchia, sì, ma viene bene: certi colleghi confermano di non essere specchi. Questi riflettono senza scrivere, loro scrivono senza riflettere. Riflettiamo, allora: un cittadino è sposato, in chiesa o in municipio. Se vuole risposarsi con un'altra donna deve divorziare, cioè fare parecchi passi legali, con diritti e doveri, e anche se già convive deve attendere un bel tempo. Burocrazia e lungaggini, vero? Ebbene: se invece vuole convivere con un uomo, e in Comune esiste il "matrimonio" per i gay, allora può farlo da subito, e così risulterebbe legittimamente sposato due volte nello stesso tempo? Ecco la "poligamia". E da subito anche la possibilità di adozioni? O non è così? Va detto, vero, senza truccare emendamenti ancora in discussione come se fossero già approvati? Segnalato qui, l'altro ieri (p. 11) e già tentato sul "Corsera". Piccola riflessione, dunque, che fa rientrare tanti "boom": per vergognarci un po' meno come categoria…
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