sabato 3 ottobre 2020
Qui (1/10, p. 14) Fulvio De Nigris annuncia: «Il 7 ottobre... torna la “Giornata nazionale dei risvegli”». Con il patronato del Presidente della Repubblica e parole gentili del cardinale Matteo Zuppi ai “risvegliati”, coloro che sono usciti dal coma: «In questa pandemia voi che avete affrontato la tempesta terribile della fragilità siete una lezione di speranza e di futuro». In attesa del vero grande “Risveglio” – il verbo greco che dice resurrezione suona anche così – il 7 ottobre festeggerò anch’io. Dopo che nell’agosto 1956 qualcuno mi aveva già dato per morto, ad aprile 1957 mi sono risvegliato dal coma profondo durato otto mesi. Morte e vita... La Domenica di Pasqua alla Messa si canta la sequenza Victimae Paschali Laudes, che a un certo punto dice: «La morte e la vita ingaggiarono un duello mirabile», e poi aggiunge che «il Padrone della vita morto ora regna vivo». Morte e vita, ma nella vittoria della vita. Per contrasto, sempre giovedì, il tema torna in pagina provocatorio e crudele su “La Stampa” (1/10, p. 13) ove leggo notizia del Camposanto romano con le tombe degli embrioni abortiti, con titolo terribile: «L’orrore della madre al cimitero: il mio nome sulla tomba del feto»! Dunque al cimitero del Flaminio a Roma, dove vengono seppelliti i resti dei bimbi non nati qualcuno usa scrivere il nome della donna che ha abortito sul cartellino della povera tomba! L’aborto è sempre morte, uccisione di vita innocente, ma questa “premura” per me sa di crudeltà gratuita e ipocrita. Non si tratta di dire sì o no alla tragedia dell’aborto, peccato anche se non è più reato, ma che senso ha incidere il nome della (non) madre? Una crudeltà nei confronti dell’altra vittima di ogni aborto, comunque esso sia considerato, e cioè della donna… E al nome del padre – se noto – non ci ha pensato ancora nessuno? Anche la pietà, talora, deve davvero risvegliarsi.
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