martedì 31 agosto 2021
La democrazia è esportabile? La conclusione della guerra in Afghanistan induce molti a dire: no, non è esportabile, sicuramente non con le armi. In agosto, però, un confronto ospitato dal "Corriere della sera" e dalla "Repubblica" dà altre risposte, meno nette. Sa di sorprendere Ernesto Galli della Loggia ("Corriere", 20/8), che prima polemizza: «Peccato che a invocare l'argomento dell'incompatibilità culturale rispetto alla democrazia siano regolarmente non già gli eventuali diretti interessati, ma solo e sempre coloro che sono arrivati a governarli». Anche in Occidente i governanti fascisti e comunisti «sostenevano che la marcia e corrotta democrazia liberale non era adatta ai loro rispettivi popoli, alla loro cultura, alle loro aspirazione». Ed ecco l'affermazione sorprendente: sì, in certi casi si può esportare la democrazia con la guerra: «Può avere dei dubbi solo chi dimentica che da un paio di secoli proprio questo è successo innumerevoli volte»; però «se si fa una guerra del genere, allora bisogna assolutamente vincerla, costi quel che costi».
Sorprendono indirettamente anche gli scritti di Giovanni Sartori (scomparso nel 2017) ripubblicati dal "Corriere" (il 21/8): la democrazia è esportabile, «ma non dappertutto e non sempre». Citava, Sartori, i casi di Germania e Italia, soprattutto di Giappone e India. L'ostacolo più significativo, per il politologo, sono le religioni monoteiste. Perbacco, pure il cristianesimo? Sartori in effetti parlava solo dell'Islam, che «a livello di massa è rigido, sclerotizzato, e cioè manca di flessibilità, adattabilità e capacità di risposte creative». Pure Sabino Cassese ("Corriere", 23/8) sostiene l'esportabilità della democrazia, appellandosi all'Onu a partire dal «riconoscimento universale del diritto dei popoli alla democrazia». Esportabile anche con la forza degli eserciti? Cassese non lo afferma in modo esplicito. Sembra essere favorevole solo alla forza dell'Onu, come in Bosnia 1992-1995. E conclude: «Più democrazia vuol dire un mondo più pacifico». Da parte sua Ezio Mauro ("Repubblica", 30/8), dalla posizione più sfumata, chiama in causa l'Europa e «un patto da rinegoziare con l'America». Quanto ai modi, non scioglie l'interrogativo: «Come accettare che eguaglianza e libertà siano confinati in una sola zona del mondo?». Già, come?
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