Sin dal principio
domenica 18 maggio 2025
Un incipit è di per sé una svolta: un romanzo che incomincia è uscita dal silenzio, è nascita di voce, passaggio, come una pietra lanciata da un mondo sommerso a un altro dicibile, fatto di parole, di racconto. L’incipit di Moby Dick, per esempio. Immediatamente siamo immersi in un’atmosfera, per come subito vi viene descritta una cesura, un taglio netto. Si intende che è un prima e un poi quello che il narratore (Ismaele, chiede di essere chiamato) ha deciso di imprimere alla propria vita con la scelta di imbarcarsi, salpare, andarsene per mare. Il mare, Melville scrive all’inizio del suo mastodontico romanzo (mastodontico per mole di pagine, per profondità di temi trattati, per dimensioni della balena che ne è la coprotagonista) è forma di cura a ogni disagio, ogni disperazione. Quando Ismaele sente arrivare la malinconia («ogni qualvolta scende sull’anima mia un umido e piovoso novembre») si imbarca, un gesto che questa volta vuole più che mai. La decisione categorica coinvolge, ce ne si sente subito parte. Da indizi impercettibili percepiamo che quella partenza segnerà una svolta decisiva nella vita del personaggio, e di noi che rapiti lo seguiremo. Se quello di Melville è incipit memorabile, è per la rapidità con cui ci fa entrare nella dimensione di una svolta di vita. © riproduzione riservata
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