sabato 4 marzo 2017
Ieri su "Repubblica" (p. 39) il mio amico Odifreddi ricorda la distinzione tra «sapere che» e «capire perché». Sempre ieri su tutti i giornali leggi che Francesco da vescovo di Roma ha parlato ai suoi preti del «Progresso nella fede nella vita del sacerdote». Tre momenti, «Memoria», «Speranza» e «Discernimento», validi per tutti. L'argomento pare scontato, e infatti su tutti i giornali la notizia, se c'è, è tranquilla.
Tu leggi e "sai che", ma se poi cerchi di "capire perché" cambia molto. Infatti a p. 15 – sulle 30 – del libretto fatto distribuire a tutti i sacerdoti romani comincia una seconda parte, sull'«Icona di Simone Pietro passato al vaglio», e dedicata tutta ai suoi «due nomi», Simone e Pietro appunto.
«Simone» è fragile, tentato e con poca fede, più volte rimproverato per questo, e anche traditore, ma «Pietro» – «scelto» e «convertito» (con i termini del greco evangelico) – è posto a fondamento della Chiesa per volontà del Salvatore che lo perdona della sua fragilità anche traditrice e lo chiama a essere colui che, una volta «convertito», conferma nella fede i fratelli, peccatori come lui, fragili come lui.
Mi sono chiesto "perché", e azzardo un'ipotesi. Due destinatari. 1) Chi vuole il «vescovo di Roma» solo Simone, che nei cambiamenti d'epoca corre dietro alle mode del tempo, in balia delle ultime tentazioni mondane dimentica che lui è anche Pietro, la roccia che conferma nella fede unica in Gesù Salvatore e Figlio di Dio.
2) Chi lo vuole solo Pietro, che conferma tutti nella fede, identificata però dall'alto di una distanza dal mondo sempre e comunque con le proprie idee, e non tollera che egli viva e sia prossimità all'uomo reale a partire dagli ultimi, con «memoria, speranza e discernimento».
Ecco: a me pare un saldo prodigio di vita, teologia, inventiva, saggezza e un po' di fraterna ironia, utile anche e soprattutto a chi coltiva la vigna per cavarne solo dubbi...
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