venerdì 26 ottobre 2012
Ho conosciuto Silvio Berlusconi quand'era presidente del Milan, non ancora Premier. Una sera gli ho telefonato per chiarire un equivoco che aveva coinvolto Capello e Savicevic nella sfortunata finale “mondiale” di Tokio: era la metà di dicembre del 1993. Ridacchiando - per niente disturbato dalla sconfitta - mi disse: «C'è ben altra carne al fuoco! Da mezz'ora Bossi e la Lega hanno detto sì a un'alleanza se scendo in campo. Sì, mi do alla politica. Vuol essere dei miei?». Ringraziai. Non cambiai campo. E feci un pezzo diverso da quello programmato. Molti tentarono di scoraggiarlo, temendo la rovina delle sue fiorenti aziende. Il Milan non ne soffrì. Anzi. Coinvolto nella campagna mediatica impostata sul “Vincere”, per un quarto di secolo ha vinto tutto. Oggi tutti si chiedono se il Passo Indietro dell'ex premier sia utile o dannoso per un Milan che si presenta più o meno - in campionato - come quello che Berlusconi rilevò da Giussi Farina. “Vedrete - sento dire - che mollerà tutto allo sceicco del Qatar, quello che ha già comprato Ibra e Thiago Silva”. O a un altro sceicco intenzionato - pare che sia di moda - a darsi al football. Ho qualche dubbio. Mi sto convicendo che in Italia si sta pensando agli sceicchi come se fossero i Ricchi Scemi di onestiana memoria. In realtà, solo un riccone arabo - Gheddafi - ha investito nella Juventus in un paio d'occasioni, ma pensava più alla Fiat che alla Signora. Sceicchi e satrapi vari, russi in testa, difficilmente investiranno nel calcio italiano - nonostante le rassicurazioni di Zamparini - perchè trattasi di azienda malata spesso con bilanci agonizzanti; puoi anche acquistare un club a prezzo di saldo ma da queste parti - ora più che mai - “del doman non v'è certezza”, come acutamente precisava Machiavelli; il quale aggiungeva un'altra perla di saggezza: «Coloro i quali, da semplici cittadini, diventano principi soltanto grazie alla fortuna, lo diventano con poca fatica, ma devono poi penare per restare al potere». E i fortunatissimi principi d'Oriente han poca voglia di penare. Io penso che il Cavaliere abbia voluto riscoprire dopo decenni un bilancio non più rosso ma felicemente rossonero - dunque le cessioni dei “top players” - per ricominciare daccapo: perchè il Milan non è solo un amore ma - sapendolo guidare con accortezza - una macchina da soldi e consenso, ai quali un Berlusconi non rinuncia anche se lascia la politica ormai divenuta un boomerang. I tifosi più moderati lo sanno: quest'annata finirà forse senza successi (mai dire mai...) ma il futuro potrà riproporre una squadra che, gestita da un Supersilvio tutto business, sarà in grado di cogliere tutti i traguardi. Magari con un Guardiola fresco, riposato, pronto a un'impresa italica. Allegri - si vede - è stanco e ha il riso amaro. Disdegnato da Berlusconi come l'aglio, barba-e-baffi e le mani sudate.
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