giovedì 14 novembre 2013
Il vecchio deve pensare alla sua infanzia se vuole che il vento, quando soffia, e la pioggia, quando cade, gli dicano qualcosa. Ma anche così gli dicono sempre meno. Perché ha perduto la pace, crede: e dentro di lui c'è solo quella perdita, che rende estranei (se non ostili) tutti i fatti della vita. Il Nostro ha molto frequentato la parola pace nell'accezione politica. E a lungo ha sottovalutato un'altra pace: quella con se stessi. (Che poi forse non è un'altra, la pace è una sola). Non ha interpretato bene l'antico saluto in uso presso popoli saggi dalla lunga storia (tutt'altro che pacifica), Shalom, Salaam: non è soltanto un augurio di pace con gli altri. Ma quel che peggio, il Nostro sull'argomento ha letto male il suo Vangelo. La pace dell'anima, il fatto che ci sia o non ci sia, è un discrimine assoluto. Se c'è, si accetta con amore ogni cosa della vita: perché si vive nella realtà, non si è prigionieri delle proprie angustie. E si comprende che esse non sono tutto; sono anzi una piccola parte del mondo (e anche del nostro personale mondo): il loro vero significato viene dal resto. Ma la pace dell'anima è un dono di Dio. Se hai perduto il senso del vento e della pioggia, e di ogni altra cosa bella, solo Dio te lo può restituire. Non stancarti di chiederglielo.
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