giovedì 19 luglio 2012
Pila di ritagli… "Giornale" (5/7, p. 18) Vittorio Sgarbi su Maroni/Bossi, Ingroia/Conso e Castelli, ma con titolo a bersaglio unico: «Don Puglisi beato: la Chiesa scivola nel politicamente corretto». Non sente i propri limiti, e talora li esibisce con orgoglio. Ecco: «Tra le cose sorprendenti della struttura politica della Chiesa… che contraddicono palesemente i principi fondamentali del cristianesimo… ci sono i processi di beatificazione e santificazione». E già: per lui la Chiesa «non vuole perdere l'occasione… per cavalcare lo spirito dei tempi e ottenere il favore dell'opinione pubblica». Insomma: essere uccisi dalla mafia, e solo perché con la vita e con la parola evangelica le si pone ostacolo, non è una buona ragione di santificazione. Non discute, lui. Neppure noi. Ma col suo ragionamento intricato mostra almeno due cose. Primo: non sa che dai tempi di Benedetto XIV, Papa Lambertini, ormai quasi tre secoli, le regole delle cause dei santi sono chiare, nella Chiesa cattolica. Già: don Puglisi era prete cattolico, e sarà – se e quando sarà – santo cattolico. Secondo, e più grave, pare ignorare del tutto la vita vera di don Pino. A parte quanto scritto – tanto in questi anni – qui su "Avvenire", consigli di lettura: quello stesso giorno su "Famiglia Cristiana" (pp. 48-52: «Beato chi dice no alla mafia») la bella intervista di Fernanda Di Monte a monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace e promotore della Causa (che su Avvenire aveva firmato un editoriale il 1 luglio). Poi almeno due libri. Uno, bellissimo e "laico": Bruna Stancanelli, "A testa alta. Don Giuseppe Puglisi: storia di un eroe solitario", ed. Einaudi, 2003. L'altro più recente e specifico: Mario Torcivia, "Il martirio di don Giuseppe Puglisi", Ed. Monti, 2009. Così: per poterne discutere senza ridicolaggini.
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