Scienza e morale, la «chiave» di Feynman
venerdì 15 aprile 2022
Quando si discute di crescita delle conoscenze scientifiche e delle loro applicazioni, ho notato che i ragionamenti più lungimiranti e onesti non sono quelli degli scienziati come categoria, ma quelli dei teorici più avanzati e geniali nel loro campo, per esempio Richard Feynman (1918-1988), uno dei maggiori fisici del secolo scorso. Nelle sue conferenze tenute nel 1963 all'università di Washington e pubblicate da Adelphi nel 1999 con l'impegnativo titolo Il senso delle cose, Feynman cominciò col dire che ci sono due generi di incertezze, l'«incertezza della scienza» e l'«incertezza dei valori», che vengono trattate in due conferenze distinte, in quanto appartenenti a dimensioni che non è facile far convivere. Insomma: non si può ottenere una concezione scientifica della morale e i dubbi morali non hanno niente a che fare con i dubbi della ricerca scientifica. Così è anche assurdo credere, per esempio, che si possa dimostrare «scientificamente» che Dio non esiste, come pretendono certi «atei militanti». Alcuni scienziati credono in Dio, altri no, ma questo non crea problemi di maggiore o minore coerenza. Di scienza sono competenti gli scienziati, di valori possono e devono essere competenti tutti, nel momento in cui devono decidere «cosa fare». Feynman precisa anche che legalità o illegalità non coincidono con morale o immorale. C'è comunque una cosa che Feynman considera ovvia, ma che può anche essere discutibile: lo sviluppo tecnologico incrementato dalla scienza accresce il nostro «potere di fare» e «il potere è di per sé un valore». Credo che qualche cautela in proposito sia ragionevole. L'aumento del potere tecnico può infatti diffondere l'idea di una crescita senza limiti dei nostri poteri, anche quando è altrettanto diffusa l'incertezza di valori e di scopi. L'idea di un potere sempre in crescita è associata al sogno illusorio e pericoloso di una quasi onnipotenza, che fa a meno di giudizi morali su ciò che è bene e ciò che è male fare. Se così è, allora le scienze della natura prendono abusivamente il posto dell'etica, della cultura umanistica e della religione. Interessante è tuttavia il fatto che lo stesso Feynman, in visita a un tempio buddhista, incontrò qualcuno che gli disse: «A ogni persona viene data la chiave del paradiso. La stessa chiave apre le porte dell'inferno». Feynman prese molto sul serio quella frase. Il potere tecnologico è quella chiave. Si tratta di scegliere la porta giusta.
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