sabato 17 gennaio 2015
Natale a dispetto del nome non era molto di Chiesa, per tutta la vita ha fatto il pastore; si era stabilito in Toscana in un podere sopra Cecina dove è vissuto con la Leò, sua moglie. Sempre un branco di pecore, una cavallina monterufolina, un cane. Non s'è mai preso un giorno di festa, se capitava confidava nel vino per scalzare una ritrosia da solitario che era la sua dote più evidente. Quando le forze hanno smesso di sostenerlo ha venduto podere e gregge ed è tornato, con la cavallina ed il cane, sui monti dove era nato. A Lui ricorrevo nel bisogno: «Chi alleva campa sul sangue, la sera ride la mattina piange».Da Lui ho rinfrescato e rinvigorito la venerazione di per S. Antonio Abate, una devozione popolare, umile e sperimentata, che va al cuore della relazione che lega le creature al Creatore.La necessità, l'attesa di una benedizione che scenda sugli animali, sugli utensili del proprio lavoro, non è superstizione piuttosto la consapevolezza di non bastare a sé, tanto meno a ciò che ci circonda, con cui ci relazioniamo.A S. Antonio Abate si ricorre come intercessore, a protezione delle stalle, degli armenti, degli animali domestici. Le norme di igiene e profilassi sono indispensabili ma non coprono dalla disgrazia e non aprono alla grazia.
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