mercoledì 14 maggio 2003
I saggi traggono profitti dagli stolti più che gli stolti dai saggi; perché i saggi evitano gli errori degli stolti, mentre gli stolti non imitano i successi dei saggi. Questa volta è un vescovo a suggerirmi il tema dal "Mattutino" con la frase molto perspicua appena citata, attribuita a Catone il Censore (234-149 a.C.) dallo storico e filosofo greco Plutarco (46/50 - dopo il 120 d.C.) nelle sue famose Vite parallele. La sapienza di tutti i secoli e di tutte le culture ha sempre amato confrontare e contrapporre saggi e stolti: si provi a leggere il libro biblico dei Proverbi, spesso scandito da questa antitesi. È facile intuire la verità del motto di Catone che fu politico e pensatore "conservatore" (in reazione alla moda ellenistica allora imperante, ribadì i valori della sobria tradizione romana antica). Il sapiente riesce a riflettere e perciò scopre gli errori dello stupido e li previene evitandoli per se stesso. Lo sciocco, invece, non sa imparare nulla della lezione che gli assennati gli offrono con la loro testimonianza. Aggiungerei, però, qualcosa di più. La stoltezza ha una sua forza, possiede purtroppo una capacità contagiosa da cui anche il sapiente non può considerarsi del tutto vaccinato. Penso che tutti nella vita siamo stati sorpresi dallo scoprire che anche una persona posata e di criterio possa talvolta lasciarsi andare a idiozie, a reazioni avventate, a meschinità. Mi ha sempre colpito una frase che lessi tempo fa nei Diari dello scrittore francese André Gide: «Il numero di stupidaggini che una persona intelligente può dire in un giorno è incredibile. E senza dubbio ne direi anch'io tante come gli altri, se non tacessi più spesso». Perciò,
anche il sapiente sia umile e sorvegliato, misurato e pronto a giudicarsi e a correggersi.
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