Sacerdoti: pensione sì, pensione no
giovedì 22 maggio 2008
A leggere le ultime disposizioni dell'Inps in merito alle numerose novità della recente riforma previdenziale, viene naturale pensare ad un ente colpito da strabismo nei confronti del Fondo di previdenza per il clero. Non altrimenti si possono giustificare interpretazioni positive ed interpretazioni restrittive per i sacerdoti, all'interno di una stessa legge.
Pensioni totalizzate. L'ultima versione della totalizzazione dei contributi, al fine di
ottenere un unico trattamento di pensione, prevede che si possa richiedere l'assegno di vecchiaia con almeno 20 anni di contributi e 65 di età. Il buon senso fa notare che il Fondo Clero non richiede un minimo di 20 anni di contributi ma, ad oggi, solo 16 anni, perché la finanziaria del 2000 ha stabilito che i 20 anni siano raggiunti al termine di un percorso graduale che innalza il minimo di 1 anno ogni 18 mesi. In sostanza, i 20 anni saranno in vigore nel Fondo solo a partire dal 2013. Nel frattempo anche la contribuzione minima per la pensione di vecchiaia totalizzata dovrebbe rispettare la stessa contribuzione per le pensioni ordinarie. Invece no. Secondo l'Istituto, la legge sulla totalizzazione modifica quella del Fondo, introducendo da subito il minimo dei 20 anni. La stessa legge sul cumulo prevede anche una pensione di inabilità totalizzata. Il Fondo Clero non riporta pensioni di inabilità, ma generiche «pensioni di invalidità». È logico pensare che la nuova disposizione di legge introduca anche nel Fondo Clero una specifica pensione di inabilità, che usufruisce sempre di particolari abbuoni. In questo caso, sostiene l'Inps, la legge sulla totalizzazione non modifica quella del Fondo. I sacerdoti sono quindi privati del riconoscimento della inabilità. Anzi, l'Inps ammette un'inabilità solo per i sacerdoti ex iscritti al Fondo, che possono utilizzare allo scopo i contributi sacerdotali ma senza l'aggiunta di benefici.
Difficile spiegare questa diversità di posizioni, perché è norma di diritto che le leggi successive modificano sempre quelle precedenti, salvo eccezioni (che la legge è tenuta ad indicare espressamente ed in termini circoscritti). L'ultima parola spetta però ai singoli iscritti che vogliano opporre un giusto ricorso.
Pensioni con «finestra». Il famoso «Protocollo» del luglio 2007, che ha dato il via alla riforma delle pensioni, ha introdotto le finestre di pensionamento anche per le pensioni di vecchiaia. Come anticipato da Avvenire (12 marzo scorso), l'Inps ha stabilito in via ufficiale che le finestre, cioè le decorrenze rigide per il pensionamento, non si applicano al Fondo clero. La legge, infatti, riserva le finestre ai lavoratori dipendenti ed ai lavoratori autonomi mentre le funzioni di culto svolte dai sacerdoti non sono riconducibili né al lavoro dipendente né a quello autonomo. L'esclusione vale sia per il diritto alla pensione di vecchiaia con 68 anni di età sia alle pensioni di anzianità con 40 anni di contributi e 65 anni di età.
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