sabato 8 aprile 2023
Sabato Santo: tra morte e vita. Un tempo in mattinata, attorno alle 11, suonavano le campane, preavviso gioioso della Pasqua “veramente” in arrivo. “Veramente”! Colgo l’occasione per ricordare sempre che per 56 volte nel Nuovo Testamento leggiamo quell’avverbio, “alethòs” , cioè “veramente”, accanto a quel verbo “risorse”. L’annuncio riguarda Lui, il Salvatore, ma anche noi, i “salvati”. Per noi ci sono anche oggi cronache di morte e di vita, e per l’oggi trovo che una maldestra e smemorata memoria dell’attentato di via Rasella, e quindi delle Fosse Ardeatine ha inondato pagine e pagine, e allora proprio a proposito di quella Dittatura e di quella “Resistenza” parlo di un libro di Alberto Leoni edito nel 2021 (Ed. Ares, pp.180): “O tutti o nessuno!”. In copertina leggo “Storia e ritratti dei 123 sacerdoti e religiosi morti in Emilia-Romagna nella 2ª guerra mondiale”. Veramente risorti, dunque, anche quei “Confratelli d’Italia”, testimoni martiri tra guerra e dittatura. Da commemorare qui? Certo: poi ricordi quel “123”, e allora pensi che “No”, visti i milioni di morti di quella Guerra mondiale. Ma un po’ di attenzione ti fa invece capire che Sì! E in particolare nel nostro caso serve qui a far notare la differenza tra chi muore per diversi e tanti motivi, e chi invece muore perché, e solo perché è un prete, e come tale va eliminato. Nel libro 60 pagine sono riservate proprio a coloro che vengono chiamati “Martires in odium fidei”, e sono ben 69! Qui alcuni nomi, anche con la speranza che qualcuno dei lettori di Avvenire grazie alla sua memoria possa riconoscere eventi e persone ad essi collegati. Don Luigi Ilariucci, di Reggio Emilia, don Aldemiro Corsi parroco di Grassano (Reggio Emilia), don Ernesto Talè di Modena, anche lui proprio e del tutto solo perché, ripetuto centinaia di volte, come
racconta il libro, è e resta un prete che fa solo il suo “mestiere”. Per questo il libro è prezioso: insegna che, e non credo solo nel caso italiano, c’è stato, e forse c’è ancora chi perde la vita perché in quel momento si trova in quel posto e in quelle circostanze e chi invece la perde proprio e solo per il fatto che è prete. La differenza è netta, e da noi anche nelle vicende della Seconda guerra mondiale e della Resistenza è importante: infatti ci sono stati molti preti uccisi proprio e solo perché tali. Oltre il fascismo sconfitto anche un comunismo nutrito di antireligione e violenza, e diffuso in mezzo mondo, ha moltiplicato il sangue tra gli innocenti. Esemplare, tra altri, la vicenda di don Giuseppe Galassi, imolese, intransigente per la libertà in tutti i sensi. Durante il ventennio aveva proibito ai suoi fedeli tutte le tessere fuorché quella dell’Azione Cattolica. Nel ’43-44, quando i fascisti portarono via le campane che sarebbero servite per le armi da costruire, disse pubblicamente che con la sola campana rimasta avrebbe suonato volentieri a morte per il Fascio e per il suo Duce alla fine della dittatura. Il 31 maggio ’44 fu ucciso alle 11.30 con 5 colpi di pistola, 2 alla tempia e il suo corpo venne buttato in un fosso e ritrovato da una ragazza, Peppina Valenti, che racconto apertamente ciò che aveva visto. Ancora: don Giovanni Guicciardi modenese di 61 anni, e don Raffaele Bartolini, bolognese trascinato via a sera del 20 giugno 1945 e abbattuto sulla piazza del paese. Ancora: don Luigi Lorenzini, modenese, 64 anni parroco di Crocette, nel 1941. Durante la guerra aveva aiutato i partigiani e nascosto in canonica molti ricercati dai tedeschi e dai nazisti e fascisti. Fu decisiva la sua intransigenza nei confronti del comunismo del tempo: alle 2 di notte del 21 luglio 1945 fu chiamato per andare a curare un malato grave che aveva bisogno dell’Estrema unzione, e all’uscita percosso a morte e finito con un colpo alla nuca. Ancora don Teobaldo da Porto 38 anni, don Umberto Cassina, bolognese, ucciso la sera del 18 giugno 1946 con due colpi di pistola a bruciapelo. Di quest’ultimo il vescovo di Reggio Emilia Beniamino Socche ha descritto con ammirazione nel proprio diario il suo modo di vivere e di morire: esemplare il primo, detestabile e infernale il secondo. Torno all’inizio: festa e annuncio, attesa e speranza… Così questo sabato Santo: Buona Pasqua al mondo intero, Urbi et Orbi, che ne ha tanto bisogno…Lui è “veramente” risorto! © riproduzione riservata
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