Rubio racconta i lavori invisibili
mercoledì 3 maggio 2017
Per uno chef la pulizia dovrebbe essere tutto. Non sembra esserlo, invece, per Rubio, che dopo Unti e bisunti si avventura in un'altra serie tv dal titolo in questo senso esplicativo: È uno sporco lavoro, in onda il lunedì alle 21.10 su Dmax (canale 52 del digitale terrestre). Chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini, è un ex rugbista. Passato ai fornelli è diventato personaggio televisivo con lo street food, il cibo da strada, quello di chioschi e baracchini. Da cuoco, sia pure sui generis, un po' di cibo Rubio l'ha voluto anche questa volta, magari con un porceddu sardo agguantato con le mani sulla banchina di un porto o una ricotta pescata dal secchio. Ma se questa diventa la pausa pranzo, ogni volta il nostro chef deve guadagnarsela facendo almeno due di quei lavori sporchi che qualcuno deve pur fare. Eccolo allora in Sardegna, nella puntata iniziale del primo maggio, tra gli scaricatori del porto di Cagliari e tra gli allevatori di pecore e capre dell'entroterra. Le prossime volte lo vedremo in Emilia Romagna tra gli spazzacamini, a Milano a raccogliere immondizia con i netturbini del capoluogo lombardo o a Napoli insieme agli operatori delle disinfestazioni. In ognuna delle sei puntate previste, Rubio si rimbocca le maniche e accetta la sfida di cimentarsi in mestieri difficili, che non conoscono vacanza, che pochi sono disposti a fare, ma che sono fondamentali per la vita di tutti i giorni. Lui lo fa teoricamente per un solo giorno nell'ambito di un reality costruito, scritto, recitato e persino sponsorizzato da una birra (oltre che da un'auto) che ne condiziona in parte la sceneggiatura, ma che riesce a dare l'idea di un mondo ricco di esperienze da raccontare, di persone speciali nella loro quotidianità, che ti fanno capire cosa sia la fatica, il sacrificio, ma anche la passione per lavori che richiedono coraggio e dedizione totale. Con il suo stile tra il guascone e il borgataro (a parte qualche volgarità di troppo), Rubio viaggia sul filo dell'ironia riuscendo a costruire simpatici duetti persino con Daniele, il pastore sardo che parla solo in dialetto, che passa giornate a mungere il gregge e nottate per portarlo al pascolo. Capace, però, di cantare a quattro voci con gli altri allevatori i canti tradizionali dell'isola. Un programma, insomma, molto meno banale di quanto si possa pensare.
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