Sandokan oggi non sa ruggire come una volta: 50 anni pesano
Nuovo Sandokan su Rai 1: la serie con Can Yaman ha buoni ascolti ma non regge il confronto con lo sceneggiato del 1976. Personaggi poco credibili e attori non sempre all’altezza.

Il personaggio di Sandokan, la «Tigre della Malesia», è un mito, non tanto per i romanzi di Emilio Salgari, che pure sono stati letti e riletti da molti, quanto per la trasposizione televisiva realizzata cinquant’anni fa da Sergio Sollima con protagonista l’allora sconosciuto Kabir Bedi, affiancato da attori del calibro di Philippe Leroy (Yanez), Carole André (Marianna) e Adolfo Celi (Brooke), trasmessa dalla Rai all’inizio del 1976 con grande successo di pubblico (27 milioni di telespettatori), diventando uno degli sceneggiati più visti della storia della televisione italiana.
Sandokan rivive adesso, televisivamente parlando, grazie all’idea di Luca Bernabei, della Lux Vide (società del gruppo Fremantle), che ha prodotto, in collaborazione con Rai Fiction, un nuovo adattamento della saga piratesca ambientata nella prima metà dell’Ottocento nell’Arcipelago malese, sviluppata per la tv, in questo secondo caso, da Alessandro Sermoneta, Scott Rosenbaum e Davide Lantieri, e diretta da Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo, con protagonista il divo delle telenovele turche Can Yaman, a proposito del quale, va detto subito, bellezza e prestanza fisica non ne fanno di per sé un bravo attore. Yaman nei panni del pirata ribelle dal cuore nobile è rigido, ha sempre il solito languido sguardo dal basso verso l’alto.
Eppure, questa serie in quattro prime serate il lunedì su Rai 1, ha registrato ottimi ascolti, debuttando il 1° dicembre con quasi 6 milioni di telespettatori, poi scesi lunedì scorso a 4 milioni e 400 mila, forse per calo fisiologico, ma anche perché la prima puntata potrebbe aver deluso le attese di una parte dei telespettatori, memori della precedente versione, nonostante che il confronto possa apparire improprio in quanto il modo di fare televisione in questi cinquant’anni è cambiato e non poco. Detto questo, va tuttavia riscontrato che dei limiti nel nuovo Sandakon ci sono e non sono certo nei momenti spettacolari, che rimangono tali, bensì in quelli più intimi, introspettivi, in deciso aumento in questa versione anche per le novità introdotte a livello di vicenda rispetto allo stesso Salgari, che riguardano un po’ tutti, a partire dal protagonista, che si scopre figlio adottato e si ritrova ad interrogarsi: «Ma allora chi sono io?».
Momenti che puntano sullo scavo psicologico e sui conflitti interiori dei personaggi con attori non sempre all’altezza della situazione. Oltre a Yaman, anche Alessandro Preziosi nelle vesti di Yanez stenta a rendere le sfumature dell’astuto, ironico e ingegnoso avventuriero portoghese, che gli autori della serie tv fanno diventare addirittura un ex prete missionario che a un certo punto rinnega Dio. Mentre Marianna, la « Perla di Labuan» interpretata da Alanah Bloor, sembra a tutti gli effetti una donna dei nostri giorni, bramosa di libertà e di emancipazione.
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