Verdone saluta “Vita da Carlo” l’ironica serie che dissacra la tv
Ultima stagione di Vita da Carlo: Verdone racconta con ironia e malinconia se stesso e il mondo dello spettacolo, tra cinema nel cinema e un commosso addio segnato dall’ultima apparizione di Alvaro Vitali.

Sin dalla prima stagione, oltre che dal titolo, è stato chiaro che Verdone con la serie tv Vita da Carlo ci voleva parlare di sé, delle vicissitudini familiari e professionali di un uomo ormai più che maturo, che paga a caro prezzo la popolarità, costretto a fare selfie con tutti, assalito e fagocitato da chi si ostina a dargli consigli. Nell’interpretare se stesso, con il suo stile tra l’ironico e il malinconico, Verdone (che qui condivide la regia con Valerio Vestoso e la scrittura con Pasquale Plastino e Luca Mastrogiovanni) si rifà in parte a situazioni reali, reinterpretate in modo paradossale, e in parte a fatti immaginari come il diventare sindaco di Roma o direttore artistico del Festival di Sanremo o ancora, come in questa quarta e ultima stagione (disponibile con dieci episodi su Paramount+), docente di regia al Centro sperimentale di cinematografia, che poi non sarebbe così improbabile come gli altri incarichi, anche se in realtà persino sindaco di Roma lo è stato per un giorno.
In Vita da Carlo ci sono, in versione personaggi, le persone della sua vita reale: produttori, sceneggiatori, la moglie (interpretata da Monica Guerritore), i figli, i fan. Ci sono anche i colleghi nella parte di loro stessi. In quest’ultima stagione c’è soprattutto Sergio Rubini, nelle vesti dell’amicorivale, perché Verdone continua a giocare con la sua attività di attore e regista. Ecco allora, ancora una volta, il cinema nel cinema, con le citazioni e le parodie di capolavori del grande schermo come Morte a Venezia, ma anche Cena con delitto con tanto di ricorso al bianco e nero. Del resto, come dice Verdone stesso, «il cinema è la più sacra delle cose profane», anche se lui tende a «profanare» la «sacralità» con l’ironia sui generi cinematografici: dal giallo all’horror, all’azione-avventura.
Ma non risparmia nemmeno i talk show televisivi e le sfilate di moda, mettendo in ridicolo un po’ tutti gli stereotipi dell’ambiente dello spettacolo, continuando così quel racconto con sguardo acuto e dissacrante del costume o malcostume degli italiani a cui ci ha abituato con i suoi film. In definitiva anche questi ultimi dieci episodi di Vita da Carlo, con un finale tra finzione e realtà come tutto il resto della serie, si vedono con piacere. A volte si ride, ma non sempre. Addirittura ci si commuove di fronte all’ultima interpretazione di Alvaro Vitali prima della scomparsa, che qui sembra presagire dopo che il cinema italiano lo ha dimenticato. Vestito da Morte che gioca a scacchi come nel bergmaniano Il settimo sigillo, Vitali afferma che «si muore solo quando si viene dimenticati». E poi, in un momento dell’immaginario film Soggetti smarriti, aggiunge che «è stato bello finché è durato». Vale per lui, per la sua storia di attore caratterista, ma anche per Verdone che dice addio alla sua prima serie tv.
© RIPRODUZIONE RISERVATA





