giovedì 13 aprile 2023
La risurrezione di Gesù, riconosciuta nella fede, porta a una radicale autocoscienza del credente come salvato e liberato da ogni male, compresa la morte; conduce a una nuova interpretazione della vita e della morte; apre a una prospettiva di senso che illumina il continuare a vivere nella storia. Risurrezione non è “tornare indietro”, non è “migrazione” dell’anima in altri corpi (cioè reincarnazione); ma è “trasformazione”, glorificazione, nuova creazione: in Gesù risorto la nostra identità personale integrale, di corpo e spirito, entra nell’eternità, orientata al futuro di libertà dai limiti spazio-temporali. La dottrina della risurrezione ha profonde implicazioni antropologiche, morali e bioetiche. Infatti, «non viene sciolta solo la questione della sopravvivenza dopo la morte corporale, ma nel contempo pure il problema della sussistenza personale all’interno della storia... Alla questione fondamentale di ciascun uomo circa la sua sopravvivenza viene risposto nella rispettiva concreta decisione etica: nel “potersi-dare” amando, la risurrezione diventa sia storicamente sperimentabile che nel contempo realtà liberamente testimoniata. Morte e risurrezione rappresentano in egual misura sia una categoria fondamentale-antropologica che morale... Appena però la morte è riempita di significato, si apre la durevole possibilità di un nuovo inizio. Ciò dona inoltre la capacità di stare senza errore dalla parte della verità, una volta conosciuta, e questa, senza porre attenzione a ogni angustia esterna o interna, senza portare a riduzioni. Soltanto di fronte alla propria risurrezione, l’uomo assurge definitivamente ad attivo dominatore della sua storia, e così pure nel contempo a dominatore delle sue strutture storiche» (Klaus Demmer). Il cristiano, con il suo agire da credente nella risurrezione, promuove una visione positiva della corporeità umana (vedi Biolingua su Avvenire del 2 giugno 2022; Web: tinyurl.com/2dvpzpnz), alimenta una speranza che va oltre i fallimenti e le ingiustizie terrene, diffonde una cultura della vita, sviluppa una concezione della storia, personale e comunitaria, che accoglie e attraversa i limiti umani. Si riafferma il valore fondamentale, anche se non assoluto, della nostra vita terrena, chiamata ad andare oltre, verso «cieli nuovi e terra nuova», che già si pensano e si anticipano qui e ora. «La risurrezione dunque non solo come metamorfosi da rinviare al futuro, a cui si crede per fede, ma anche come esperienza seriale del risollevarsi, lottando con la morte giorno dopo giorno e rettificando la nostra bussola interiore» (Giuseppe Goisis). Cancelliere Pontificia Accademia per la Vita © riproduzione riservata
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