mercoledì 30 giugno 2004
Il sapersi rilassare e la semplicità onorano straordinariamente e convengono a un animo forte e generoso" Quando ballo, ballo; quando dormo, dormo; e quando passeggio da solo in un bel giardino, riconduco i miei pensieri alla passeggiata, al giardino, alla dolcezza di quella solitudine e a me stesso.

Così confessava il grande Montaigne (1533-1592) nei suoi Saggi, invitando anche noi a quell'arte che è il rilassarsi, il sostare, il saper agire pacatamente e coscientemente. I nostri tempi sono, invece, scanditi da una frase emblematica: «Scusami, ma devo scappare!». Non ci prendiamo più il tempo per vivere ma solo per lavorare e logorarci, spesso piombando nella depressione e finendo tra le braccia di interminabili cure psicologiche. Uno studioso svedese, Johan Cullberg, diceva che ormai noi siamo costretti nella «stretta penisola del tempo», divenuta simile a un formicaio agitato. Le stesse ferie che stanno per iniziare non sono che la riedizione della solita vita frenetica, anche se in una località diversa, con gli stessi rumori, le stesse tensioni, lo stesso fracasso. Non si è più capaci di pensare a quello che si fa, di sostare a contemplare uno squarcio di paesaggio, di rientrare nell'«uomo interiore», come suggeriva s. Agostino. Persino le piccole cose possono essere fonte di serenità e di godimento. A Montaigne prudeva spesso un orecchio ed egli aveva riconosciuto che «lo stesso grattarsi è fra i doni di natura uno dei più dolci e accessibili». Ritroviamo, allora, un antidoto al delirio del fare, alla smania dell'agitarsi, riscoprendo il mistero dell'essere e dell'esistere.
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