sabato 28 dicembre 2019
Sul "Corsera" (21/12, p.1) Massimo Gramellini racconta divertito che in un processo il presidente della giuria annuncia il verdetto, ma l'avvocato difensore fa notare che non ha ancora avuto la parola: si straccia la sentenza. Detto e negato! Esemplare su "Left" (20/12, pp. 12 e ss.): «La Balla delle radici cristiane dell'Europa». Simona Maggiorelli dopo sterminato "ragionamento" cita come prova «lo storico dell'arte Hans Belting» che «mostra egregiamente come l'Europa abbia molteplici radici culturali, non solo giudeo-cristiane...» Noto quel pesante congiuntivo, «abbia», e allora "la balla" non è tale, ma realtà, salvo essere ciechi e negarlo sbrigativamente dopo averlo affermato. A proposito di sbrigative letture superficiali constato che in molte pagine il discorso del Papa alla Curia romana si è letto come novità che oggi «non siamo più nella cristianità» con conseguenze su presenza, testimonianza e necessità di adeguare l'annuncio a un mondo che «non è più essenzialmente cristiano».
Rivoluzione di papa Francesco, da esaltare o da accusare? Ho tra le mani un documento della Congregazione per l'Educazione cattolica sulla formazione teologica dei futuri sacerdoti, testo del 22 febbraio 1976 a firma del cardinale Gabriel Marie Garrone e con l'approvazione di Paolo VI. Leggo (n. 10): «Il mondo d'oggi non è più in sintonia con la fede e con la predicazione della Chiesa. È dunque necessario operare perché il Vangelo possa essere compreso dai nostri contemporanei. Si tratta di trovare linguaggio adatto per loro». Rivoluzionario l'annuncio di papa Francesco? Almeno quanto quello di Paolo VI, e certo in linea con l'annuncio del Vangelo sulla bocca di Gesù di Nazareth. Con buona pace di chi per fretta e per pregiudizio sostiene addirittura che il Papa tradirebbe due millenni di fede. Per capire ci vuole intelligenza e retta intenzione: spesso ambedue assenti.
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