sabato 28 maggio 2011
Adesso sono tutte lì, sulla parete del mio studio. Grandi, piccole, con belle cornici o semplicemente sotto un vetro sottile: sono le targhe ricevute in tanti anni a ricordo delle conversazioni che ho fatto in paesi e città sulla persona e sul tempo di mio padre. Conversazioni, non conferenze perché non voglio dare loro quell'aspetto cattedratico che toglie a chi ascolta ogni compromissione, mentre mi piace pensare possa essere uno scambio di idee dove l'applauso sia una convinta risposta e non una distante e cortese approvazione. Le ho tenute per anni dentro uno scatolone, quasi nascoste finché ho creduto che fosse giusto dare rilievo anche a questi che voglio credere segni di affetto e di riconoscenze offerti assieme a un mazzo di fiori e a tanti sorrisi. In treno, in aereo, in macchina: tante strade, paesi, città, la grande sala dei Cinquecento a Firenze, l'aula di una scuola di periferia, o quella spaziosa di una università dei Paesi dell'Est, da tutti ho avuto in compenso un ascolto silenzioso e attento. So bene che sono piccole gocce in un oceano, pochi semi gettati in un campo infinito che ha sete di verità e che ha bisogno di credere nella bellezza di una vita spesa guardando al bene degli altri. Un esempio, un aiuto per vivere con serenità il proprio futuro, per vincere le difficoltà di oggi e
poter credere che c'è sempre una strada aperta davanti a tutti, bisogna saper cercare.
Un giorno nella campagna vicino ad Atene mio padre ebbe in regalo da un pastore il suo alto bastone di legno appena ricurvo in alto. È quello che troviamo negli antichi affreschi delle catacombe, nei racconti della Bibbia, tramutato poi nella lunga storia della Chiesa in metalli preziosi nelle mani dei suoi vescovi. Un pastore fu De Gasperi che per tanti anni cercò di aprire una strada a tutti noi. Ci tenne lontani dai pericoli, combatté per difenderci dalle forze del male, ci aiutò a rialzarci, a curare le nostre ferite, ad avere fiducia in noi stessi, a restituire alla nostra vita dignità e onore, a credere che l'onestà è vera ricchezza, che la dirittura morale infine paga sempre.
Quando eravamo bambine nostro padre, alla domenica, ci prendeva per mano per attraversare piazza Mazzini fino ad arrivare alla pasticceria d'angolo. I dolci allineati dietro le vetrine, tutti in fila nei loro accattivanti colori della crema e del cioccolato, ci sembravano grandissimi e quando ci veniva chiesto di sceglierne uno, con un piccolo sospiro si prendeva quello che sembrava più allettante, ma con lo sguardo rivolto a quello vicino che forse sarebbe stato più dolce. Solo uno se ne poteva avere e con la crema sul viso il nostro grazie compensava questo genitore che cercava nel portamonete le poche lire concesse alla nostra felicità del giorno di festa. Una famiglia semplice e un uomo grande che avrebbe condotto in salvo assieme alle sue bambine il suo paese, che avrebbe lasciato alle generazioni che stavano crescendo e a quelle ancora da venire l'esempio di un amore profondo per la vita intesa come dono da consumare e distribuire in termini di serietà, di altruismo, di forza delle proprie convinzioni da difendere in ogni tempo e in ogni dove.
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